Sabato, 27 Ottobre 2012 - 02:00 Comunicato 3350

Stamattina al Festival della Famiglia si è parlato di conciliazione fra i tempi del lavoro e quelli della famiglia
IL FAMILY AUDIT AUMENTA LA PRODUTTIVITÀ DELLE AZIENDE

Il Family Audit, ovvero lo strumento di conciliazione lavoro famiglia, aumenta la produttività aziendale. Ne sono convinti i relatori della conferenza di stamattina, dedicata proprio all'auditing aziendale. A confrontarsi, al Palazzo dei Congressi di Riva del Garda, nell'ambito del Festival della Famiglia, Andrea Brandolini, Mariangela Franch, Marc Grau e Danielle Hartmann, coordinati da Francesca Gagliarducci.-

Per Andrea Brandolini, economista al Servizio Studi della Banca d'Italia, secondo i pochi studi a disposizione in Europa, il Family Audit consente alle aziende di aumentare la produttività perché: "Riduce il turnover e l'assenteismo, i dipendenti vengono fidelizzati all'impresa e quindi non c'è bisogno di addestrare nuove persone, in sostanza si rende il lavoro delle persone migliore". Ma ci sono dei distinguo: "Questo strumento in Italia è purtroppo più efficace su coloro che hanno posizioni di lavoro migliori e redditi migliori". Quindi sì al Family Audit ma attenzione a non far crescere la disuguaglianza fra classi insista nel sistema italiano.
Mariangela Franch, dell'Università degli Studi di Trento, è quindi partita dal livello di occupazione femminile per un ragionamento a più ampio raggio: "La partecipazione al mercato del lavoro evidenzia una differenza profonda, perché in Italia solo il 42,1% delle donne è occupata contro il 67,7% dei maschi, e questo perché non ci sono politiche adeguate. Non abbiamo raggiunto l'obiettivo di Lisbona, sarà difficile raggiungere anche quello dell'Europa". Eppure le normative ci sono: "Sia a livello locale che nazionale esiste la possibilità di accedere ad alcune facilitazioni che dovrebbero favorire il lavoro femminile, ma ci sono fondi non utilizzati perché non ci sono servizi che facilitino l'ingresso nel mercato del lavoro delle donne". Nelle aziende invece, per la professoressa Franch, ci si limita: "Ad applicare le misure previste per legge, a parte alcuni casi".
Eppure il Family Audit consentirebbe, nelle parole di Mariangela Franch: "Minori costi dovute al contenimento del turnover, alla riduzione delle assenze e delle sostituzioni di malattie, nonché maggiori ricavi in seguito ad un clima attento al benessere familiare e al maggior numero di ore lavorate".
Marc Grau, ricercatore nella IESE Business School, ha poi spiegato come un basso tasso di natalità, in Paesi come Italia e Spagna, corrisponde anche a una bassa occupazione femminile, a differenza di Paesi come Svezia e Danimarca dove invece vi sono molte più donne che lavorano e una maggiore natalità, grazie a politiche efficaci di conciliazione.
Infine Danielle Hartmann, del Boston College Center for Work & Family, ha portato l'esperienza d'oltreoceano: "Nelle aziende è in atto un cambiamento culturale e la famiglie dopo aver cresciuto i figli, si devono occupare della cura degli anziani. In questo senso va preso in considerazione anche il ruolo dei padri, spesso esclusi dalle politiche di sostegno". (at)

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