Il rapporto fra le generazioni e le sue importanti ricadute sul sistema sociale in Italia è stato al centro del confronto al Festival dell'Economia, "Figli, genitori, nonni: politiche per la famiglia e i giovani come rete fra le generazioni!", alla Facoltà di Sociologia di Trento.
Punto di partenza della discussione l'importanza delle politiche come terreno di scambio e costruzione del dialogo intergenerazionale. E quando parliamo di generazioni individuiamo tre categorie: figli, genitori e nonni
"Il collante fra le generazioni dovrebbe essere rappresentato dalle politiche sociali - ha evidenziato Carlo Buzzi, direttore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell'Università di Trento- ma purtroppo in Italia questo non accade".
Il sistema del welfare nel nostro Paese infatti è poco attento ai giovani considerati marginali: "Ma nello stesso tempo – ha sottolineato Buzzi - c'è anche un'assenza di incisività nelle politiche famigliari come accade nei riguardo delle giovani generazioni. Questo in un contesto in cui la famiglia viene considerata come l'ammortizzatore sociale per eccellenza ed è difatto il surrogato della latitanza dello Stato".
Restano i nonni (gli anziani) in un Paese che sta invecchiando e in cui assistiamo da anni ad un crollo dei tassi di natalità ed è evidente come questo sia la causa di un grave squilibrio fra generazioni. E la prima conseguenza è che le politiche di assistenza verso gli anziani rischia sempre più di assorbire le già poche risorse del welfare.
"Sarebbe necessario quindi - ha concluso Carlo Buzzi - che le tre politiche si integrassero in un disegno delineato e lungimirante ,ma questo in Italia non accade e anzi queste si stanno dimostrando sempre più indipendenti, come proseguissero su binari diversi, se non addirittura in aperta competizione".
Arianna Bazzanella, dell'Osservatorio permanente sulla condizione dell'infanzia e dei giovani della Provincia autonoma di Trento, ha invece posto l'accento sul quadro drammatico della situazione dei giovani nel nostro Paese a partire da un dato: "Siamo la società più vecchia al mondo con un sistema sociale per forza di cose troppo sbilanciato che non da sbocchi ed opportunità ai giovani".
I dati riportati dalla Bazzanella, sia dell'OCSE che dell'ISTAT, evidenziano i tantissimi gap dell'Italia, dove l'età media per avere un figlio è di trent' anni (a fronte dei venticinque degli Stati Uniti per fare un paragone), dove il 15% dei minori vive in una situazione di povertà e dove solo il 4,5 del PIL viene investito nel sistema scolastico. Senza dimenticare i numeri drammatici che in questo momento di crisi arrivano dal mondo del lavoro.
"Il quadro attuale allora - ha spiegato Arianna Bazzanella - mostra una pericolosa concentrazione di criticità in Italia che richiedono soluzioni politiche diverse e urgenti a partire, ad esempio, da un sistema di formazione legato in maniera più stretta al mondo del lavoro e alle sue necessità. Politiche, che al di la delle parole, possano dare ai giovani possibilità vere per crescere coma accade in altre nazioni".
Gustavo Pietropolli Charmet, psicoterapeuta, presidente dell'Istituto Minotauro e autore per Laterza del recente libro "Cosa farò da grande?Il futuro come lo vedono i nostri figli", ha posto l'accento sull'importanza dello scambio fra generazioni nell'ambito del tessuto famigliare.
"Uno scambio – ha spiegato Pietropolli Charmet - che avviene anche attraverso la narrazione che si instaura fra genitori e figli, fra nonni e nipoti, con i miti famigliari che vengono assorbiti dai giovani. Un dialogo che è fondamentale anche per gli anziani che portano e raccontano la loro esperienza di vita".
Secondo lo psicoterapeuta i giovani hanno bisogno di "entrare" in una storia, di sentire un'appartenenza anche se poi sono liberi di uscirne e di non riconoscersi magari in essa. Oggi sono molti gli ostacoli che rispetto al passato si pongono sulla strada di un dialogo fra generazioni anche per la mancanza di momenti di incontro, come magari accadeva un tempo, della famiglia senza dimenticare come per Pietropolli Charmet: "I giovani sono sempre più correlati ad un rapporto con i loro coetanei che li attrae in una dimensione di appartenenza al gruppo. Questa si lega al presente (e forse al futuro) ma purtroppo non favorisce la trasmissione intergenerazionale".
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