Susanna Camusso si è soffermata sulle conseguenze della rivoluzione digitale, partendo dall’assunto che esse non sono uguali per tutti. “Mentre dentro le fabbriche si genera polarizzazione, nei servizi e nella distribuzione la distruzione di posti di lavoro è realtà, non c’è trasformazione. A guardare bene l’ora X per il cambiamento non esiste: siamo già dentro il processo è dobbiamo capire che anche la frontiera più avanzata delle tecnologie produce del vecchio sfruttamento”.
Amazon è esemplare da questo punto di vista: tutti siamo convinti che sia un’azienda geniale, ma dietro ci sono grandi catene di montaggio nei capannoni. “Amazon sarà pure il futuro davanti a noi - ha precisato Camusso -, resta il fatto che solo da poco siamo riusciti a convincerli della necessità di un contratto serio per i dipendenti”. Sul tema del cambiamento tecnologico serve quindi una politica in anticipo o di programmazione, non si può lasciar fare alle multinazionali e poi raccogliere i cocci, perché questi sono fenomeni che, se non governati, portano alla polarizzazione e alle discriminazioni, da combattere con la formazione permanente.
Domenico De Masi, docente a “La Sapienza” di Roma, ha analizzato la società moderna che in 200 anni ha prodotto fattori evolutivi straordinari che ne hanno totalmente sovvertito la natura, migliorandola. “È diventata sempre più importante la produzione di beni immateriali, con conseguente travaso dall’industria al terziario. Io, però, non la chiamo quarta rivoluzione industriale. È una cosa completamente diversa. Nel passaggio dalla società industriale a quella post, si è capito che si guadagna di più producendo idee al posto dei beni materiali e le fabbriche adibite a questo sono i laboratori e le università. È cambiato anche il peso dei ruoli all’interno delle industrie stesse; se prima la stragrande maggioranza erano operai oggi in Italia le percentuali sono 33% operai, 33% impiegati, 33% creativi”.
Luca De Biase ha spiegato che i lavori del futuro apparterranno all’economia della conoscenza, all’economia dell’empatia e alla gig economy: “Tutti gli altri lavori continueranno ad esistere nella transazione, come se avessero i giorni contati”. Il giornalista si è detto d’accordo sulla necessità, espressa da Camusso, di contrattare con l’algoritmo della piattaforme di gig economy, anche visto che il 30% del milione di quei lavoratori non ha letto il contratto con il quale sono stati assunti.
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