Domenica, 14 Ottobre 2018 - 19:58 Comunicato 2501

I fratelli Abbagnale, l’anima del canottaggio italiano

Il Festival dello Sport ha celebrato le imprese della famiglia olimpica per eccellenza, gli Abbagnale. Insieme a Giuseppe e Carmine, al timoniere Giuseppe Di Capua e Agostino, il più giovane e il più medagliato alle Olimpiadi dei tre fratelli napoletani, il giornalista della Gazzetta dello Sport Riccardo Crivelli ha ripercorso pagine straordinarie e indimenticabili di imprese sportive, tra competizioni olimpiche e mondiali, che ancora oggi suscitano emozione. E con Giuseppe, attuale presidente della Federazione Italiana Canottaggio, il punto sul futuro di una specialità che si affida ai giovani per ritornare grande ambire di nuovo ad un podio olimpico, forse già a Tokio

Anche a distanza di anni, le telecronache delle loro imprese, raccontate, urlate con la voce strozzata per l’emozione dello stesso Giampiero Galeazzi, riescono a emozionare e far venire letteralmente la pelle d’oca. La stessa e mozione si è colta oggi in occasione dell’incontro a Palazzo Geremia con i fratelli Giuseppe, Carmine ed Agostino Abbagnale e con Giuseppe Di Capua detto “Peppiniello” il timoniere dell’armo vincente dei due fratelli maggiori. A raccontare questa storia incredibile, insieme ai suoi straordinari protagonisti, il giornalista della Gazzetta dello Sport Riccardo Crivelli, che è partito proprio dalle origini di questa leggenda sportiva tutta in famiglia.
“Il 1978, ricorda Crivelli, l’anima del canottaggio azzurro è nera, anzi nerissima, i grandi successi un ricordo lontano. Eppure quell’oscurità sta per essere illuminata dalle luci dei fuochi che prima dell’alba e dopo il tramonto rischiarano il braccio di mare davanti al Circolo nautico di Castellamare di Stabia permettendo ai ragazzi di allenarsi. Tra loro ci sono due fratelli che ogni mattina si fanno di corsa i 6 chilometri che li separano da Pompei dove abitano per poter vogare prima di andare a scuola e che rifanno anche la sera al termine dell’allenamento. Tre anni dopo, grazie a loro comincerà la saga di una famiglia capace di creare un’identificazione così profonda e unica con questo sport che ancora adesso per l’uomo della strada canottaggio fa rima con il loro cognome e oggi sono qui: Giuseppe, Carmine, Agostino Abbagnale e Giuseppe Di Capua.”
L’anno è il 1981 e i due fratelli vincono l’oro ai mondiali e la Gazzetta titolava l’articolo con l’aggettivo “clamoroso”. Come nacque questo storico equipaggio è Giuseppe a spiegarlo: “Era il 1980, io Carmine abbiamo due anni di differenza e lui era ancora Junior, e facemmo la nostra prima gara insieme vincendo. Il 1981 fu la nostra prima stagione agonistica e dopo un inizio in sordina arrivò il titolo mondiale a Monaco.” E con il titolo anche il rito del tuffo in acqua del terzo uomo dell’equipaggio, il timoniere, Giuseppe Di Capua che ha raccontato il perché di quel rituale.
 “Non era cosa nuova, faceva già parte della tradizione tedesca. Noi sapevamo di essere pronti per arrivare in zona medaglia. Quando abbiamo superato la Russia ho capito che potevamo vincere e così ho coronato quel successo con il tuffo. Nessuno ci credeva su una possibile medaglia, l’oro fu una vera sorpresa, neppure lo staff federale se lo aspettava. Ma la mia più grande soddisfazione è poter dire che ci siamo sempre stimati e abbiamo avuto sempre la massima fiducia.”
Anche Agostino ha seguito le orme dei due fratelli maggiori, quando erano già vincenti, e dunque erano loro i campioni da emulare. “Non potevi essere da meno, racconta Agostino, e questa era la mia maggiore preoccupazione”.
Si arriva così all’Olimpiade del 1984, quella del boicottaggio del blocco dell’Est, i fratelli Abbagnale sono i favoriti e vincono il loro primo oro. “Ma la nostra vera Olimpiade , precisa Giuseppe, è stato il mondiale del 1982 a Lucerna vinto davanti a tutti gli armi dell’Est Europa”.
Anche Agostino approda finalmente alla nazionale e all’appuntamento olimpico di Seoul nel 1988 si presentano tutti e tre gli Abbagnale. Non sanno ancora che stanno per scrivere una delle pagine più belle dello sport azzurro. Succede il 25 settembre e le telecronache di quelle gare regalano ancor oggi emozioni incredibili. Giuseppe e Carmine vincono l’oro del doppio con, Agostino nel quattro di coppia. “Abbagnale, miniera d’oro” titola la Gazzetta dopo la doppia vittoria azzurra.
Per Agostino la gioia di quel successo è breve a causa di un problema fisico che lo costringe a lasciare l’agonismo per sei lunghi anni. Ma il suo ritorno, nel 1996 ha dell’incredibile: conquista l’oro olimpico nel doppio. E poi per lui ci sarà ancora un altro grande oro nel quattro di coppia a Sidney nel 2000. Da allora non sono più arrivate ori olimpici per il canottaggio azzurro.
Oggi Giuseppe è il presidente della Federazione: “Quella elezione è stata la mia quinta Olimpiade confessa; abbiamo dovuto praticamente ricominciare tutto daccapo affidandoci ai  giovani. Per Tokio c’è molta attesa, ma siamo sulla buona strada.”

 

(m.b.)



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