
“Dietro alle nostre realtà non ci sono ombre così terribili - ha esordito Santambrogio - non siamo privi di anima così come in molti vogliono pensare. Diversi dei nostri punti vendita non superano i 200 metri quadrati e sono dei veri e propri punti di ritrovo per la comunità, è vero che abbiamo un potere di forza che ci permette di incidere sui prezzi ma è altrettanto vero che ci rapportiamo con multinazionali che hanno fatturato così importanti da potersi sedere al tavolo della trattativa senza essere in condizioni di svantaggio”. L’ad ha poi continuato: “Non penso che il cliente abbia sempre ragione, il cliente non ha più ragione nel momento in cui la sua volontà cozza con il diritto del lavoratore. Se pretendo di avere un chilo di ciliegie alle tre notte a dicembre non posso essere dalla parte della ragione. Sono anche convinto che scimmiottare i discount è molto pericoloso per l’intero mercato”. La parola è poi andata a Stefano Liberti: “Siamo partiti analizzando il settore agricolo e in quel comparto il 99 percento degli addetti non possono trattare alla pari con la grande distribuzione, devono adeguarsi al prezzo che viene - di fatto - imposto. La politica di marketing dei colossi dell’alimentare è basata esclusivamente sul prezzo e non solo sulla qualità, bisogna poi anche considerare che per arrivare sugli scaffali dei supermercati più diffusi è necessario pagare una sorta di “tassa di ingresso” che non tutti possono permettersi”. Fabio Ciconte ha invece evidenziato come: “Nonostante quanto dichiarato dall’amministratore delegato di Vegé tutti corrono dietro ai discount e questo rischia di diventare un vero e proprio dramma sociale. Pensate che proprio nel bel mezzo della protesta dei pastori sardi che richiedevano di poter vedersi riconosciuto un euro al litro Eurospin chiudeva una trattativa di svalutazione clamorosa del prezzo del pecorino romano. Il ruolo della grande distribuzione è molto maggiore rispetto al passato, devono fare scelte diverse, più responsabili nel confronto del consumatore”.
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