Domenica, 13 Ottobre 2019 - 17:47 Comunicato 2566

Giochi ed esports contro ogni barriera

Con esports e videogames tutti possono competere contro tutti, donne con e contro uomini, players di ogni età e condizione fisica sono messi alla prova nella stessa arena senza partire svantaggiati. Ma non è sempre così. Anche in questo campo ci sono discriminazioni di vario tipo. Per non parlare del cyberbullismo. Massimiliano Sechi, nato con una grave malformazione che gli impedisce il completo sviluppo degli arti, ex player di alto livello e oggi life & business coach, Amir Hajar, chief gaming officer e co-fondatore dei Mkers, uno dei maggiori team esportivi in Italia e Selene “NancyDrew” Mauretto, gamer Samsung Morning Star Athena, portano le loro esperienze. Massimiliano Sechi è la testimonianza che una condizione fisicamente limitante non può impedire di vivere una vita “normale”. Max ha un dono in più con il quale aiuta le persone proprio grazie al videogame. Ha imparato che nella sua condizione, non è affatto vero che non puoi fare le cose che fanno tutti, ma l’importante è trovare un modo diverso per farlo. Il terreno fertile per il cyberbullismo viene da una mancanza educativa. Nella sua esperienza con il cyberbullismo, le offese sono state utilissime. E' stato costretto a guardarsi dentro e ad accettarsi. Mostrando la sua disabilità alla community internazionale è diventato un modello da seguire per molti. Selene racconta invece il suo rapporto con un ambiente che è sempre stato maschile, dove è stato difficile trovare un modello femminile da seguire, mentre da parte sua Amir Hajar parla dell’importanza della comunicazione per sensibilizzare su questi temi.

Alle Gallerie di Piedicastello, a latere dello spazio espositivo dedicato alla storia dei videogiochi dal 1980 al futuro, Giulio di Feo, giornalista della Gazzetta dello Sport, presenta un incontro dal titolo “Giochi ed esports contro ogni barriera” con Amir Hajar, chief gaming officer e co-fondatore dei Mkers, uno dei maggiori team esportivi in Italia, Massimiliano Sechi, nato con una grave malformazione che gli impedisce il completo sviluppo degli arti, ex player di alto livello e oggi life & business coach e Selene “NancyDrew” Mauretto, gamer Samsung Morning Star Athena.

Esports e videogames hanno una peculiarità unica: non vedono differenze di genere. Tutti possono competere contro tutti, donne con e contro uomini, players di ogni età e condizione fisica sono messi alla prova nella stessa arena senza partire svantaggiati. La loro pratica diventa un’occasione di inclusione e di pari opportunità come in pochissimi altri ambiti competitivi. Ma non è sempre così. Anche in questo campo ci sono discriminazioni di vario tipo. Per non parlare di una realtà come il cyberbullismo.

Con gli ospiti di oggi si è cercato di capire quale sia il “piccone di Fortnite” utile per abbattere queste differenze.

Massimiliano Sechi è la testimonianza che una condizione fisicamente limitante come la sua non può impedire di vivere una vita “normale”, anzi, Max ha un dono in più con il quale aiuta le persone proprio grazie al videogame. Da giocatore infatti è diventato lifecoach. “Ho imparato che nella mia condizione, non è affatto vero che non puoi fare le cose che fanno tutti, ma l’importante è trovare un modo diverso per farlo - dice Massimiliano - all’inizio ho dovuto essere più bravo degli altri, anzi, molto più bravo, perché avevo a disposizione solo due gomiti ed un piede, anziché dieci dita.”

E sul cyberbullismo aggiunge: “Per molti, videogame e sport sono in verità solo un mezzo per comunicare ciò che offline, nella vita reale, non si riesce ad esprimere. Il terreno fertile per il cyberbullismo viene da una mancanza educativa. In verità tra offline e online ci sono le medesime problematiche. La mia esperienza con il cyberbullismo  - continua Max - è stata nel momento in cui sono arrivato ai vertici dove c’è una grande forma di invidia, un po’ come in tutti gli sport. Ma le offese sono state utilissime. All’inizio non capivo perché mi facessero così male, ma questa sofferenza mi ha costretto a guardarmi dentro e ad accettarmi. E così ho deciso di mostrare la mia disabilità alla community internazionale e la mia testimonianza è diventata un modello per molti”.

La gamer Selene racconta invece il suo rapporto con un ambiente che è sempre stato maschile, dove è stato difficile trovare un modello femminile da seguire: “Mi sono ispirata solo a me stessa, cercando un modello dentro di me. I videogiochi sono considerati “roba da maschi” per una questione di retaggio sociale, che vede la donna avere altri hobbies. Anche nella propria famiglia certe volte è difficile per una ragazza gamer farsi accettare in questo senso, ma esistono comunque molte persone che ti supportano e ti incitano a continuare sulla tua strada”.

Da parte sua Amir Hajar parla dell’importanza della comunicazione: “Bisognerebbe avere un metodo di condotta per tutti, servirebbero degli esempi e raccontare esperienze e persone per sensibilizzare. Bisogna dire che certi ragazzi con problemi loro, hanno trovato proprio nella competitività, un modo per risolverli.”

Ma è proprio nella competitività, come nella vita reale, dove può scaturire l’offesa. “L’offesa fa male quando non hai lavorato su una ferita aperta  - spiega Max il coach - oppure perché non hai ancora lavorato abbastanza su te stesso. Io avevo superato la mia disabilità ma non l’avevo accettata. Ciò è successo solo nel momento in cui ho lavorato sulla percezione di me stesso e da quel momento nessuna offesa riusciva a toccarmi. Bisogna dire - continua Massimiliano - che l’aggressività fa parte della nostra vita, anzi, è la vita. E’ importante anche che i ragazzi imparino a farsi le ossa accettando e vivendo le sfide attivando da soli delle risorse che hanno in loro stessi ed imparando che più si cresce più le sfide diventano importanti”.

Bisogna aggiungere in definitiva che il settore del videogioco non è più “tempo perso”, come da certe mamme si sente ancora dire, ma sta sfornando sempre più nuove opportunità, come, ad esempio nuove figure professionali. Rispetto ad altri posti, in Italia ci stiamo arrivando, ma il futuro è ormai qui.



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