Venerdì, 15 Settembre 2017 - 21:17 Comunicato 2420

Il direttore del Mart di Rovereto tra i relatori del festival modenese dedicato quest'anno alle Arti
Gianfranco Maraniello al Festival Filosofia di Modena

Da due anni direttore del Mart di Rovereto, Gianfranco Maraniello è il solo professionista del mondo dell'arte invitato al Festival Filosofia di Modena. Se n'è accorto Marco Enrico Giacomelli, vice direttore di Artribune, la più popolare rivista dedicata alle arti, che lo ha intervistato.

Dedicato al tema arti, il festivalfilosofia 2017, in programma a Modena, Carpi e Sassuolo dal 15 al 17 settembre, mette a fuoco le pratiche d’artista e le forme della creazione in tutti gli ambiti produttivi, esplorando la radice comune che lega arte e tecnica. La diciassettesima edizione del festival prevede quasi 200 appuntamenti, tra lezioni, incontri ed eventi collaterali.

Tra i numerosi relatori, c'è anche Gianfranco Maraniello, da giugno 2015 direttore del Mart di Rovereto che ha anticipato in un'intervista su Artribune alcuni degli argomenti che tratterà nelle lectio di sabato 16 alle 15, intitolata Museo. Luogo di apparizione delle arti.
Sollecitato dal vice direttore Marco Enrico Giacomelli, Maraniello ha spiegato: "Il titolo mi è stato assegnato e io l’ho accolto con interesse, positivamente pronto ad abitare il perimetro propostomi. Il museo ha una storia recente e per molti versi inavvertita o data per scontata, ma, come André Malraux ha scritto in modo illuminante, è solo con l’apparizione dei musei che alcuni artefatti sono diventati opere d’arte. Basti ricordare il celebre inizio di Le Musée imaginaire e la considerazione per la quale un crocifisso romanico in origine non era una scultura, la Madonna di Cimabue non era un quadro, l’Atena di Fidia non era una statua. Mi interessa capire come il museo non si limiti a ospitare, ma costituisca l’opera d’arte".
E ancora: "A differenza di qualsiasi altro tipo di museo, quello d’arte contemporanea è stato sollecitato dalla propria specifica disciplina, perché l’arte ha agito anche contestando il museo, decostruendolo, usandolo come materiale, sfondandone i perimetri concettuali e i limiti architettonici, utilizzando spazi, tempi e modi che non ci consentono più di concepire un neutrale contenitore-classificatore.
L’artista ha esibito una coscienza del ruolo del museo che il museo stesso non può più ignorare nella sua vocazione alla “contemporaneità”: è stato oggetto dell’Institutional Critique e, laddove il suo Es è stato toccato, non potrà che tendere alla propria consapevolezza, all’Io del museo. E questo non passa attraverso la correttezza di formule, ma proprio nel riconoscimento di condizioni, convenzionalità e pratiche consolidate che sollecitano la nostra attenzione su ogni processo, funzione o contingenza in cui opera il museo, scoprendo, magari, che anche una semplice didascalia diventa una parziale e determinante mediazione linguistica dell’opera o che l’attività didattica rischia di banalizzare l’arte se la riconduce a livello di significati espressi". 



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