Il confronto, “La fabbrica ‘senza fatica’: il lavoro 4.0”, si è tenuto nella sala conferenze della Fondazione Bruno Kessler di Trento. Si voleva capire se la produttività industriale possa aumentare assieme alla crescita della qualità del lavoro e alla riduzione della fatica. La risposta è stata affermativa. E si è spiegato che se ciò non accade è soprattutto per chiusura alla novità, dovuta a nostalgia per modelli del passato e paura dell’innovazione. Per questo – ha sottolineato Trento – occorre diffondere la cultura di un modello organizzativo che integri tecnologie, processi, organizzazione e la partecipazione attiva dei lavoratori. Ha invitato ad abbandonare la visione di fabbrica come luogo di sofferenza e a riscoprirla come opportunità di esperienza e di lavoro stimolante.
Ma che cos’è la BellaFactory, la fabbrica senza fatica? Il modello nasce dalla Fondazione Ergo che dal 2012 riunisce imprese, sindacati e università in un progetto di ricerca, formazione e certificazione dei sistemi di organizzazione e misurazione del lavoro e del controllo dei carichi biomeccanici. L’obiettivo è armonizzare produttività e sicurezza sul lavoro mettendo al centro la persona umana. Ergo adotta il metodo MTM (Methods-Time Measurement), che considera natura del movimento e condizioni in cui esso è eseguito. La Fondazione oggi in Italia coinvolge circa 350 mila lavoratori e lavoratrici.
Caragnano si è soffermato su Pomigliano e sull’approccio FCA allo Human Centred per la valutazione e la prevenzione del rischio da sovraccarico biomeccanico del corpo di chi lavora. Un sistema di misurazione internazionale che ha fatto superare problemi e conflitti.
Bentivogli ha sottolineato come il nuovo modello di fabbrica richieda anche un nuovo modello di sindacato perché c’è un ribaltamento totale di schemi tra lavoratore e azienda. Poi ha ricordato il ruolo della formazione perché la fabbrica senza fatica investe molto nelle persone.
Callari ha detto come questo modello possa essere adottato anche in imprese di dimensioni medio-piccole. E ha testimoniato come nella sua esperienza della STIGA mettere in grado le persone di lavorare meglio abbia anche fatto aumentare la produttività.
Tutti concordi sull’importanza di saper combinare capitale umano di qualità, strumenti e organizzazione e sulla necessità di superare la paura del nuovo e della tecnologia.
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