E' una sorta di guerra silenziosa alla maternità delle donne che lavorano quella che emerge dalla lettura di un libro come "O i figli o il lavoro" scritto per i tipi della Feltrinelli dalla giornalista e saggista Chiara Valentini. Un volume quanto mai ricco di spunti di riflessione di cui si è discusso per gli "Incontri con l'autore" proposti dal Festival dell'Economia nella Sala Conferenze della Fondazione Bruno Kessler.
Presupposto fondamentale del dibattito l'impossibilità, o quasi, nel nostro Paese di conciliare lavoro e famiglia con le pesanti ricadute che questo ha sia per la nostra società che per la crescita stessa del sistema economico.
Ad accendere il dibattito l'intervento di Andrea Ichino, professore ordinario di Economia presso l'Università di Bologna, che si è dichiarato "liberista di sinistra: "Non ci si deve nascondere il fatto che per le aziende e per la produttività i figli sono un costo notevole da sopportare". Il problema è che in un contesto come quello italiano dove le donne devono fare tutto da sole ci si deve chiedere chi debba sopportare allora questo costo. Per Ichino i soggetti in campo sono quattro: la donna stessa, cui appunto in questo contesto va appunto tutto il peso della maternità, le aziende, lo Stato che in tempi di crisi non ha più risorse, e i padri mariti. E sono proprio questi ultimi a rientrare nell'idea del docente bolognese che guarda ad una ridefinizione del compiti famigliari con un punto di partenza : "Insieme ad altri economisti abbiamo proposto più volte anche al ministro Fornero l'idea della tassazione differenziata sul lavoro femminile. Questo potrebbe cambiare i rapporti di forza all'interno del nucleo famigliare stesso e favorire la donna in ambito lavorativo".
Su posizioni assai diverse, rispetto a quelle di Ichino che non ha dato particolare rilievo alle responsabilità delle aziende per la situazione, la sindacalista Valeria Fedeli, Vicesegretario generale Filctem-CGIL che ha evidenziato come in Italia vi sia "un sistema malato nel profondo, come dimostrano ad esempio quelle dimissioni in bianco a cui moltissime lavoratrici devono sottostare, in un contesto in cui di fatto molte aziende discriminano le donne". Per Valeria Fedeli un libro di inchiesta come quello di Chiara Valentini non fa altro che disvelare in maniera drammatica l'arretratezza culturale del nostro Paese mostrandoci un quadro davvero sconfortante.
Anna Maria Tarantola, vicedirettore Generale della Banca d'Italia, ha posto invece l'accento sulla cultura familista di cui è impregnato il nostro Paese anche in questo terzo millennio e che vede la donna comunque inserita in un ruolo preciso e definito dalle convenzioni. Per Anna Maria Tarantola il vero problema si lega al non rispetto delle norme già vigenti in Italia: "Abbiamo delle regole buone nel nostro Paese, basterebbe applicarle ma soprattutto farle applicare e qui è necessario pensare a più controlli". Il vicedirettore Generale della Banca d'Italia ha anche evidenziato con forza come ci sia la necessità di "una maggiore equità e parità fra uomo e donna anche perché questa avrebbe delle ricadute importanti sulla crescita del sistema Paese".
E' chiaro, ha spiegato proprio Chiara Valentini nel suo intervento, come in Italia ci sia stata e ci sia anche oggi una politica senza strategie incisive in questo ambito: "I figli sono un bene sociale, un bene di tutti e non solo dei loro genitori ma in Italia a quanto pare se ne sono dimenticati tutti. Se ne è accorta, per fare un esempio, anche la cancelliera Merkel che in una situazione simile alla nostra ha affrontato di petto il problema della scarsa natalità con precise politiche sociali per conciliare il lavoro delle donne con il loro ruolo di madri". Un esempio da seguire per uscire da una situazione che rende complicatissima la vita delle madri con la speranza di seguire la strada di altri Paesi europei nei quali la scelta di avere figli trova sostegno in politiche pubbliche che vanno dagli asili ai congedi parentali per madri e padri.
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