Venerdì, 09 Marzo 2018 - 17:05 Comunicato 411

Al Festival delle Lingue nel pomeriggio gli interventi di Andrea Moro e Martin Dodman
Essere plurilingue è un vantaggio a tutto campo

Proseguono gli incontri e i seminari del Festival delle Lingue di Rovereto, con illustri esponenti della ricerca internazionale, come Martin Dodman, docente presso la Libera Università di Bolzano e l’Istituto di Ricerca Interdisciplinare sulla Sostenibilità dell'Università di Torino, che oggi pomeriggio ha parlato dell'importanza di sviluppare competenze plurilingui nei bambini, attraverso ambienti di apprendimento dove vi sia una sufficiente esposizione sia quantitativa che qualitativa a lingue diverse.
Fra i 'big' anche Andrea Moro, professore di linguistica generale e neuroscienzato, che ha parlato delle "lingue impossibili": "Le lingue sono complesse tutte allo stesso modo - ha spiegato Moro - la prova di questo lo abbiamo con i bambini: i più piccoli, in tutte le lingue del mondo, ci mettono più o meno lo stesso tempo per convergere verso la propria lingua, anzi le bambine fanno un po' meglio".

Scuola e famiglia sono le agenzie formative più importanti nelle vita di un bambino e di un ragazzo e entrambe devono collaborare insieme, perché la formazione è l'investimento più importante per la società: sono questi gli assiomi da cui è partito Martin Dodman. Servono comunque occasioni di apprendimento che consentano di costruire un progetto di vita flessibile e aperto alle novità continue del mondo del lavoro: "Per questo è fondamentale promuovere il plurilinguismo, che è uno dei fattori più importanti in assoluto per la realizzazione di un progetto formativo - ha commentato Dodman -. Ogni essere umano nasce con una naturale predisposizione ad apprendere più lingue, tanto che per i bambini piccoli non esistono lingue più o meno difficili, non avendo gli schemi mentali già consolidati degli adulti. Anche se i livelli di competenza delle lingue sono differenti e mai totalmente bilanciati, sappiamo che giocare a mescolare le lingue non crea problemi nei bambini, ma anzi genera alti livelli di competenze diverse, capaci di agire nel mondo e costruire la conoscenza di esso in modo più flessibile, elastico e con capacità cognitive e relazionali più sviluppate. Si apprende attraverso l'esperienza: cognitiva, comportamentale e linguistica, tanto che nei nidi appare più semplice apprendere le parole di diverse lingue legandole alle routine quotidiane". Infine un cenno al Clil, la metodologia di insegnamento in lingua di una disciplina: secondo Dodman ogni volta che c'è un uso veicolare di una lingua c'è Clil: "La 'costruzione' di un cervello plurilingue rende in grado di costruire anche i saperi, quello matematico, storico, ecc. Quindi la vera posta in gioco è l'uso veicolare plurilingue, che rimane il miglior modo di apprendere".

Da piccoli è essenziale apprendere una lingua straniera, e questo non soltanto per un fatto culturale visto che la lingua veicola la comunità, l'identità, la cultura stessa, ma anche perché "studi recenti dimostrano che soggetti plurilingui hanno dei vantaggi cognitivi enormi - ha spiegato Andrea Moro - e se da adulti malauguratamente dovessero sviluppare delle demenze inclusa la malattia di Alzheimer, i sintomi comparirebbero molto più avanti perché si crea una riserva cognitiva che può essere utilizzata". Lo studio delle lingue, quindi, assicura una certa "elasticità mentale": "Se un bambino viene esposto a due lingue all'inizio nei primi mesi, impara un po' meno parole ma la somma delle parole delle due lingue, rispetto ai suoi coetanei che ne conoscono una sola, è già più grande". L'apprendimento di una lingua in un adulto è poi completamente diverso e parte dal presupposto che è indispensabile conoscere bene prima la propria lingua. 

Nel corso del pomeriggio anche gli interventi di David Marsh, dell'Università di Jyväskylä Group - Finlandia e co-fondatore del Clil, nonché di Giovanna Masiero, glottodidatta transculturale, e di Alessandro Borri, docente di italiano, storia e geografia presso il Cpia Montagna di Castel di Casio, che hanno spiegato come "imparare giocando" attraverso IDEA, acronimo di Interazioni Dialogiche e Affini, proposta di didattica ludica.

L'intervista ad Andrea Moro:

L'intervista a Martin Dodman:

 

L'intervista a Giovanna Masiero e Alessandro Borri

 

L'intervista a David Marsh

 

(sil.me)


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