Sabato, 31 Maggio 2014 - 02:00 Comunicato 1278

E' NEL WELFARE DI COMUNITA' CHE I MANAGER SVILUPPANO NUOVE COMPETENZE

Ripensare il proprio ruolo e ridisegnare le proprie competenze è la nuova sfida per i manager del sociale in uno scenario inimmaginabile solo alcuni anni fa, in cui sono emerse nuove povertà e nuovi bisogni. Si assiste oggi, in seguito alla crisi, a una nuova fascia sociale : ‘i vulnerabili'. A farne parte è il ceto medio, che oggi non arriva più a fine mese. Questa, in sintesi, la questione al centro dell'incontro, che si è svolto alla Fondazione De Marchi, dal titolo ‘Generare risorse per il bene comune. Le nuove competenze dei dirigenti del sociale'. A parlarne il presidente dell' Associazione nazionale dei direttori generali degli Enti locali, (Andigel), Michele Bertola, con il vicepresidente della Fondazione Franco Demarchi, Gino Mazzoli e con l'assessore al welfare e politiche giovanili del Comune di Brescia, Felice Scalvini, coordinati da Pergiorgio Reggio, docente dell'Università cattolica di Milano.-

La crisi ha costretto poveri e nuovi poveri a fare di più con meno risorse, con l'effetto di un logoramento di vita, dovuto al gap tra i nuovi bisogni e le risorse attualmente disponibili. I manager del welfare hanno oggi davanti a sé domande nuove e contraddizioni evidenti. Così Gino Mazzoli ha voluto sintetizzare la nuova realtà del welfare. "Le professionalità del sociale - ha detto - sono in evoluzione, sono richieste nuove competenze anche in relazione alla sfiducia dei cittadini sui servizi pubblici". "Lo scenario, potenziato dalla crisi economica del 2008, - ha osservato - ha scombinato i parametri della povertà, oggi quasi tutti siamo vulnerabili, mentre le risorse a disposizione del pubblico sono calate". "Si tratta di muoversi in una zona bianca dove sembra che non ci sia nessuno - ha affermato Piergiorgio Reggio - le nuove competenze sono tanto affascinanti quanto difficili". Le sollecitazioni di Michele Bertola hanno riguardato in primo luogo il cambiamento di paradigma: "Dobbiamo trovare un nuovo modo di pensare la gestione dei servizi sociali. Dobbiamo uscire dall'autoreferenzialità, abbandonare la standardizzazione dei bisogni, che in presenza di un nuovo bisogno spinge ad attivare meccanicamente un nuovo servizio. Questo non funziona più , e la Pubblica amministrazione non può oggi fare fronte alle esigenze sociali. Oggi non si tratta solo di progettare assistenze domiciliari, case di riposo, asilo nido, perché i bisogni sono anche altri e molto diversi: ci sono le famiglie straniere, i matrimoni misti, graduatorie complesse delle case popolari a rischio di razzismo". "E' inutile dire che non ci sono risorse- ha concluso Bertola - oggi serve sviluppare una rete di relazione, sviluppare empatia, far partecipare tutti. Le nuove competenze si sviluppano dal basso con la partecipazione di tutti, trovando soluzioni innovative a seconda del bisogno". "Non è più tempo di ‘welfare di amministrazione', ma di ‘welfare di comunità' - ha evidenziato Felice Scalvini - l'amministrazione del welfare deve porsi come ‘agenzia di sviluppo distrettuale', operando su fattori come innovazione, scambio di competenze all'interno del sistema di riferimento, eliminando la competizione. A Brescia abbiamo deciso di non fare più bandi e gare per il terzo settore, ma suggerire collaborazioni in rete con il sistema territoriale, come i centri di ricerca, le università, con le aziende con professionalità compiute, per sviluppare nuove specializzazioni in un nuovo welfare di città'". -