Martedì, 11 Febbraio 2014 - 02:00 Comunicato 301

Importante modello messo a punto da Fondazione Mach e Cambridge per le conferenze scientifiche
DALLA RICERCA MACH UN MODELLO DI CONFERENZA PER GLI SCIENZIATI

Come far emergere nuove idee nell'ambito una conferenza scientifica? Per 450 anni è stata un'impresa, ma da oggi sarà più semplice per i giovani ricercatori "rompere il ghiaccio" ed affermare le proprie teorie. E questo grazie al modello matematico messo a punto dai ricercatori della Fondazione Edmund Mach e dell'Università di Cambridge che consente di massimizzare l'efficienza delle conferenze come "incubatori" di innovazione. Pubblicato sulla prestigiosa rivista eLife, sarà presto pubblicizzato online da prestigiosi istituti del calibro della Cambridge University, King's College London, Royal Society e Human Frontiers Science Program.-

L'articolo scientifico, intitolato "A Network Approach to mixing Delegates at Meetings" ovvero "Un approccio basato sulla teoria dei grafi per mescolare delegati a conferenze scientifiche" ha come primo firmatario Federico Vaggi e ultimi firmatari a pari merito Attila Csikasz-Nagy della Fondazione Mach e Rafael Edgardo Carazo Salas della Cambridge University .
L'obiettivo di una conferenza dovrebbe essere quello di stimolare il dibattito e nuove idee ma spesso accade che i ricercatori più giovani non riescono a partecipare a discussioni. Questo perché o la scena è dominata dal peso scientifico di ricercatori più esperti o anche perché la diversità degli ambiti di ricerca rende difficoltoso individuare spazi comuni su cui instaurare una discussione.
Ebbene, il lavoro di Vaggi e Csikasz-Nagy, che include anche il contributo di Tommaso Schiavinotto che opera in una start-up trentina e si è avvalso della somministrazione di un questionario nell'ambito di alcune conferenze, riguarda la sviluppo di un modello basato su algoritmi che mette in relazione i partecipanti che hanno la maggiore possibilità di avere interessi comuni e con i quali non vi sono precedentemente state occasioni di incontro.
"Un approccio –spiegano gli autori- che per la comunità scientifica potrebbe effettivamente rivelarsi vincente - perché funziona da 'rompi ghiaccio' per favorire interazioni tra gruppi che normalmente non interagiscono facilmente".

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