Giovedì, 10 Ottobre 2019 - 15:29 Comunicato 2430

Capolavori: allenare, allenarsi, guardare altrove

Un Auditorium Santa Chiara al completo ha fatto da cornice alla "lecture" di Mauro Berruto, ex allenatore della nazionale italiana di pallavolo, uomo di sport, motivatore, che con un excursus di circa un'ora e mezza tra opere d'arte, artisti e sportivi che hanno lasciato un segno nella storia sociale e non solo sportiva, ha affascinato i circa 700 adolescenti in platea. Dimostrando come lo sport dia motivazioni per la vita.
L'evento è stato introdotto dal direttore scientifico del Festival, Gianni Valenti, e dall'assessore provinciale trentino allo sport e turismo, Roberto Failoni, che ha detto ai ragazzi in sala: "Sono ancora troppi i vostri coetanei che a 14 anni abbandonano lo sport demotivati". Berruto ha coniato l'efficace espressione "egoismo di gruppo" per spiegare come in un team il desiderio del singolo possa allinearsi a quello collettivo, producendo poi i grandi successi.

«Per far diventare un buon lavoro in un capolavoro devi trasformare te stesso nel tuo miglior avversario». Parola di Mauro Berruto, l’allenatore filosofo (è laureato in filosofia, con indirizzo in antropologia culturale) che ha aperto la seconda edizione del Festival dello Sport in un Auditorium Santa Chiara affollato da più di 700 studenti delle scuole superiori di Trento. Primo dei 135 eventi in programma in questo Festival. Grande motivatore, Berruto, ex allenatore della nazionale di pallavolo (bronzo a Londra 2012) e direttore tecnico della federazione Tiro con l’arco, ha affascinato la platea con un «lecture show», seduto a un tavolino illuminato nel buio del teatro, alternando brevi letture, fotografie evocative, filmati, parole e riflessioni continuamente a cavallo tra arte e sport.
«Capolavori» il titolo dell’evento, sviluppato intorno ai concetti di allenare e allenarsi, ma anche saper guardare altrove, rompere i paradigmi, fare gioco di squadra per eccellere. Un racconto che l’ex C.T. dell’Italvolley ha fatto partire dall’Antica Grecia, dove l’agonismo era considerato una necessità, tanto da rendere i greci della civiltà classica quasi incapaci di godersi la vittoria. Per Berruto è un capolavoro ogni bella vittoria di squadra: la pallavolo, in questo, è uno sport unico. Perché vieta anche al giocatore più bravo, per regolamento, di toccare due volte consecutive la palla, «solo la battuta si fa da soli; è uno sport di relazioni». Berruto ha raccontato che ogni arciere che punta alle Olimpiadi si esercita con almeno 500 tiri di frecce all’anno. Lo sport ci insegna quanto è bello saper fare bene una cosa, ad assumersi la responsabilità senza accampare alibi, riuscire quando la sfida è più difficile: è questo passaggio che distingue i campioni, i fenomeni. Una significativa carrellata di atleti che hanno compiuto capolavori sportivi e artistici è stata proposta da Mauro Berruto ai giovani trentini: il grande pugile Mohammed Alì, capace di «inspirational speech» in cui riusciva a prendere in giro i suoi avversari prima di tramortirli sportivamente; il pittore inglese Turner, che solcava i mari in tempesta per ispirare i propri quadri; l’allenatore di calcio Claudio Ranieri, capace di vincere la Premier League inglese con il Leicester fatto da scarti di altre squadre, dato 5.000:1 dai bookmaker; il saltatore Fosbury, che nel 1968 per primo sdoganò il salto in alto di schiena, il musicista Perlman, in grado di suonare un violino con una corda rotta, il «signore degli anelli» Yuri Chechi alle Olimpiadi di Atlanta 1996, la maratoneta svizzera Andersons Schiess, che concluse stremata la gara a Los Angeles 1984, il fenomeno Maradona, che già in un’intervista a 16 anni dichiarava che i suoi sogni erano due: partecipare a un mondiale e vincerlo. Con il gol più bello della storia del calcio e con la famosa "mano de Dios" ci riuscì.



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