Tre milioni di tocchi di palla rilevati in centinaia di match in 5 campionati europei, 12 collettivi in competizione e 30 ore per sviluppare un modello che risolva il quesito sugli stili di gioco delle varie squadre: questi i big data da analizzare e le regole del gioco.
“Sport e Università sono un binomio vincente – ha esordito Paolo Bouquet, prorettore dell’Università di Trento – e una visione più ampia dello sport può migliorare l’Università, e ispirare tutte le facoltà. Non a caso è stato recentemente creato un network che unisce tutti gli Atenei in Unisport”.
Tuttavia, secondo Federico Smanio, Ceo di Wylab, i big data sono ancora sottoutilizzati nei club calcistici e non solo sotto l’aspetto tattico (si pensi al customer care e al marketing). Dello stesso parere Davide Nicola, allenatore: “L’analisi dei dati nel calcio deve ancora completamente esplodere, e i big data, oltre a studiare le prestazioni e gli avversari, svolgono il ruolo fondamentale per noi coach di oggettivare le percezioni”.
Oltre ai club, i principali utilizzatori dei dati statistici sono proprio i giornalisti sportivi, secondo Luca Bianchin della Gazzetta dello sport, e in particolare “per fare le pagelle dei giocatori”. Ed emergono poi nuove figure come il “match analyst” (sembra che l’Inter di Conte ne abbia 5-6), come Marco Mannucci che svolge questo ruolo per la nazionale femminile di calcio: “Attenzione però – ammonisce Mannucci – i big data non possono prevedere gli esiti di una partita”.
Dopo i pareri degli esperti della giuria si è quindi passati alla premiazione dei vincitori, che hanno incassato un assegno di 5.000 euro: si tratta del collettivo denominato “Complessati Bomber” che in una breve presentazione ha così sintetizzato il risultato della loro analisi: “per ottenere risultati nel calcio a livello internazionale sia la fase di possesso palla che quella di non possesso devono essere propositive”. Una ulteriore prova che i numeri rendono tutto meno opinabile.
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