Sabato, 31 Maggio 2014 - 02:00 Comunicato 1276

A confronto l'assessore Alessandro Olivi, il prorettore Paolo Collini e Giovanni Costa del gruppo Intesa Sanpaolo
COME IMPARARE AD IMPARARE. SENZA PRECIPITARE.

Il futuro è di chi impara, anzi, di chi impara ad imparare, ed è disposto a farlo per tutta la vita, mettendo in gioco le conoscenze già acquisite e predisponendosi ad acquisirne di nuove. Su questo tema si sono confrontati, nella sede della Banca di Trento e Bolzano, il vicepresidente e assessore allo sviluppo economico Alessandro Olivi, il prorettore vicario dell'Università di Trento Paolo Collini e il vicepresidente del consiglio di gestione del gruppo Intesa Sanpaolo Giovanni Costa, moderati dal direttore del Corriere del Trentino, Enrico Franco. "Dire cosa imparare, indirizzare i giovani inseriti nei percorsi di formazione verso il mondo del lavoro e verso le professioni di punta, è un compito che spetta alla classe dirigente, posto che la classe dirigente non sono solo i politici, ma anche la finanza, l'università, l'alta burocrazia - ha detto Olivi - L'Italia deve fare uno sforzo particolare in questo campo se vuole tornare ad essere un grande paese industriale che sa fare le cose meglio degli altri. Bisogna anche colmare il gap fra università e mondo del lavoro, come l'Europa ci incoraggia a fare attraverso il programma Garanzia Giovani. In Trentino stiamo lavorando in entrambe le direzioni: rafforzando i percorsi dell'alta formazione e della ricerca ma anche quelli della formazione professionale e dell'apprendistato. Bisogna creare un sistema competitivo, in ogni sua articolazione, per trattenere qui persone talenti, risorse, e per attirarle dall'esterno. Le deleghe che abbiamo ottenuto dal governo, sugli ammortizzatori sociali e sull'università, sono in questo senso fondamentali. Dobbiamo anche creare reti di sostegno per chi prova a evolvere, e anche per chi, ad esempio creando una start up, rischia di andare incontro a un fallimento".-

La situazione del mondo dell'istruzione oggi è stata sintetizzata così dal professor Costa: "Ci sono in Italia buoni licei e buone università. Questo va detto, ed è un compito che spetterebbe in particolare alle persone che hanno avuto successo nel mondo del lavoro. Dopodiché, la ricerca si va specializzando, e quindi è fondamentale per chi vuole progredire su quella strada andare nei centri di eccellenza. L'università di Trento ha dimostrato di saper fare scelte importanti in alcuni campi fondamentali ed investire lì le risorse necessarie. questo è importante perché non si possono disperdere le energie".
Ma cosa significa costruirsi dei bagagli professionali? Costa ha utilizzato quattro metafore animali. La mosca della frutta ha un ciclo di vita brevissimo e può vivere solo in un ambiente particolare: questa è la situazione peggiore con cui ci si può presentare nel mondo del lavoro. E' quella del lavoratore interinale o a chiamata, senza grandi competenze o un forte radicamento. La chiocciola invece è un animale solitario, che si porta appresso, nella conchiglia, tutto ciò che gli consente di sopravvivere e adattarsi alle situazioni. L'artigiano è il lavoratore più vicino a questo animale: il difetto della chiocciola è di essere lenta, la sua forza il disporre di un bagaglio che gli consente di sopravvivere. Il baco da seta vive in comunità allargate: tuttavia è chiuso in un bozzolo. E' la condizione di chi lavora in grandi organizzazioni, industriali o anche della pubblica amministrazione. Questa è la sua forza ma anche la sua debolezza, perché se l'organizzazione entra in crisi la crisi lo travolge. La rondine, infine, sa costruirsi ciò che gli serve in qualsiasi luogo, usando il materiale che trova. E' individualista ma si sposta in stormo. E' flessibile, adattabile. Questa, oggi, è la condizione migliore in cui un lavoratore può trovarsi.
Con Collini l'attenzione si è spostata sul concetto di precariato, che in un mondo che richiede sempre più flessibilità e adattamento può essere visto anche in una accezione positiva. "Precario fa pensare a qualcuno che sta per cadere. Ma se noi passiamo da una situazione ad un'altra, senza cadere, il cambiare spesso non è necessariamente negativo. E' la condizione di contesto che fa la differenza fra il precipitare o l'approdare da un posto ad un altro, magari migliore. In Italia abbiamo da un lato il lavoratore iperprotetto e dall'altra un esercito di giovani in balia di un mercato del lavoro disastroso. Oltretutto a carico dei poco protetti ci sono molti oneri, in parte generati dalle generazioni precedenti. Dobbiamo dare ai giovani di dare la possibiltà di evolvere: magari non saranno fin da subito rondini, ma devono poter tendere a quell'obiettivo. Ciò richiede certo un bagaglio di competenze tecniche ma anche un'attitudine al cambiamento che esula dall'apprendimento scientifico tradizionale, che si sviluppa con l'esperienza".
E le start up? Le nuove imprese? "Inevitabilmente ogni sistema territoriale è destinato ad essere un po' zoo - ha detto innanzitutto il vicepresidente Olivi - ed è anche dall'equilibrio di queste componenti che riusciamo a costruire meccanismi di coesione e appartenenza. Bello essere rondini, con la loro propensione a migrare, ma servono anche gli artigiani, radicati al territorio. Va detto però che negli anni abbiamo costruito in Italia un welfare più centrato sulle posizioni ferme, cristallizate, che sulle situazione di transizione. Questa è la sfida che ci aspetta anche in Trentino, ora che abbiamo acquisito la delega sugli ammortizzatori sociali. Servono più politiche attive, e soprattutto reti di protezione per chi si sposta, per chi deve o vuole cambiare. Stiamo investendo molto su questo. Ciò vale in particolare per le start up: dobbiamo assumerci tutti un rischio, quello della mortalità di una arte di queste esperienze. Se vogliamo rigenerare il nostro tessuto produttivo dobbiamo essere capaci da un lato di selezionare idee e proposte ma dall'altro anche di sostenere chi fallisce, facendo sì che non precipiti". In quanto all'Europa, Olivi ha parlato di "Garanzia Giovani", progetto che ha trovato in Trentino un terreno fertile dove attecchire. "L'Europa ci incoraggia a creare percorsi per saldare il mondo della formazione e quello del lavoro, agendo quindi prima che il giovane diventi un disoccupato, facendosi carico della transizione".
In generale, ciò che è emerso nel corso del dibattito è anche che i lavori in crescita e che danno soddisfazione sono quelli di interazione. Possono essere anche lavori svolti artigianalmente, ma presuppongono un forte bagaglio di conoscenze unito ad un'ampia disponibilità a confrontarsi con situazioni nuove e a risolvere problemi specifici. Sugli incrementi di produttività, i grandi numeri, le produzioni standardizzate è difficile reggere la concorrenza dei paesi emergenti. Da Costa è arrivata una critica anche alle lauree triennali, all'illusione data agli studenti che in poco tempo si potessero formare esattamente le professioni richieste dal mondo del lavoro. Del resto, come riconosciuto da Collini, l'università ha delle vocazioni ma non può fare tutto. E' vero che le metacompetenze non derivano più solo dalla ricerca tradizionale e dalla didattica tradizionale. Lo abbiamo già visto nella storia, ad esempio nel passaggio negli Usa dall'università "tradizionale" alle business school. E tuttavia l'università continua ad essere al centro del sistema formativo. Per saldare il mondo dell'università a quello del lavoro la stessa università deve quindi servirsi di altre competenze: non quella del ricercatore tradizionale, ma quella ad esempio di chi ha accumulato molte esperienze diversificate. E deve aiutare i giovani a fare esperienze anche al di fuori dell'aula.
E la politica? "Essa è solo un segmento della classe dirigente - ha chiosato Olivi - . Il Paese oggi ha bisogno di una ridefinizione etica. Veniamo da vent'anni di individualismo, di leadership che puntavano sull'emotività. Ora mi pare che l'Europa stia mandando all'Europa un messaggio nuovo: vogliamo stare in Europa come comunità, non come sommatoria di individui". -