Giovedì, 31 Maggio 2012 - 02:00 Comunicato 1507

Al Teatro Sociale di Trento il premio Nobel per l'Economia 2010
CHRISTOPHER PISSARIDES: FORMAZIONE E FLESSIBILITA' AVVANTAGGIANO I GIOVANI

Christopher Pissarides, premio Nobel per l'Economia 2010, docente alla London School of Economics, esperto di questioni riguardanti la disoccupazione, il rapporto fra le generazioni, le frizioni dei mercati, ha aperto oggi al Teatro Sociale la serie degli appuntamenti della prima giornata del Festival dell'Economia di Trento. Introdotto da Tito Boeri, Pissarides è andato subito al nocciolo dei problemi posti da questa settima edizione del Festival: quali politiche l'Europa può adottare per mitigare l'impatto della crisi economica sulle nuove generazioni e creare nuova occupazione. Fra le politiche consigliate, quelle che puntano sulla crescita della formazione. Un buon curriculum scolastico spesso significa stipendi più alti nel corso della vita lavorativa e minore rischio disoccupazione.-

"Credo che raramente un Nobel sia stato dato a uno studioso che si è occupato di problemi così vicini all'esistenza reale delle persone come Pissarides - ha detto Boeri nell'introdurre lo studioso - visto che in particolare si è occupato di quello che sembra essere un paradosso: il fatto che anche in presenza di alti tassi di disoccupazione spesso molti posti restano vacanti. E' la cosiddetta curva di Beveridge. A contare, sembrerebbe, non sono solo i numeri, i posti vacanti, ma anche la struttura dei mercati e i flussi di lavoratori, la loro mobilità. Pissarides non ha mai pensato che internet avrebbe fatto sparire l'apparente contraddizione di cui sopra, mettendo in circolazione un enorme numero di informazioni e di curriculum. In realtà i comportamenti degli attori, in particolare dei datori di lavoro, sono determinati anche da altri fattori, quei fattori che Pissarides ha indagato a fondo."
Nella sua relazione Pissarides ha toccato tre temi fondamentalmente: le scelte dei giovani in relazione al mercato del lavoro; il confronto fra giovani e adulti rispetto alle variazioni del mercato del lavoro; le conseguenze della disoccupazione.
"Le scelte dei giovani in età da lavoro sono essenzialmente due: frequentare una scuola o un'università o provare a trovare un lavoro - ha spiegato - E' stato dimostrato che ad ogni avanzamento nel percorso scolastico corrisponderà poi nel corso dell'esistenza un reddito più alto e minori difficoltà in caso di crisi occupazionali. La disoccupazione affrontata da un non laureato è molto più difficile rispetto a quella affrontata da un laureato. In caso di crisi, subentrano altri problemi: anche rimanendo sul mercato del lavoro in generale lo stipendio cala così come le opportunità di crescita occupazionale. Comunque, i percorsi di studio e di formazione sono sempre una buona risposta alla recessione. Fra le politiche attive che i governi dovrebbero adottare un posto di primo piano è quello occupato dalle politiche per la formazione professionale e l'alta formazione.
Ancora sul versante delle scelte, un giovane lavoratore spesso tende a cambiare spesso lavori, all'inizio della carriera. Questo per molti versi è positivo, consente di fare esperienze e acquisire informazioni sulle varie opportunità di lavoro. Ciò però espone anche i giovani al rischio disoccupazione in caso di crisi: spesso sono loro ad essere lasciati a casa per primi.
Facendo una comparazione fra i giovani e gli adulti, solitamente i giovani sono maggiormente esposti alla disoccupazione ma per periodi più brevi. In media la disoccupazione giovanile (fino a 24 anni) è doppia rispetto a quella degli adulti, e tende a crescere nei paesi con alti tassi di disoccupazione. Combattere la disoccupazione significa anche disporre di buone informazioni, che però sono spesso costose. Non è facile trovare buone informazioni sul mercato del lavoro su internet, ad esempio, solitamente è meglio ricorrere a un consulente. La ricerca di un buon lavoro del resto è come la ricerca di un compagno di vita; bisogna dedicare ad essa tempo ed energie.
Ad influire sul rapporto giovani-adulti vi è poi la scelta operata dagli Stati: in molti paesi europei si destinano maggiori risorse ad affrontare la disoccupazione degli adulti.
Quali sono gli effetti della crisi? Una recessione colpisce sia giovani che adulti, ma i giovani, nei paesi con altri tassi di disoccupazione, come la Spagna i giovani soffrono di più (in Spagna quando la disoccupazione è cresciuta del 20% negli adulti, è cresciuta del 40% nei giovani).
In generale, la risposta giusta, durante una recessione, non è impedire alle aziende di licenziare ma creare nuovi posti di lavoro.
Riguardo agli effetti della disoccupazione di lungo termine, va detto innanzitutto che la disoccupazione è una delle maggiori cause di infelicità nelle persone assieme a lutti e divorzi. Le politiche pubbliche possono essere di aiuto, in particolare aiutando i giovani fin dal primo colloquio di lavoro o dalla stesura di un curriculum. Alcuni programmi governativi in questi settori funzionano e altri no. I governi possono anche facilitare il turn over, creare le condizioni affinchè sia più facile per un giovane aprire un'attività o entrare e uscire da un'esperienza lavorativa. Proprio i giovani, insomma, dovrebbero essere maggiormente interessati alla flessibilità. Di contro, le politiche che danneggiano maggiormente i giovani sono una eccessiva protezione del lavoro degli adulti, un salario minimo troppo elevato, ed infine il pensionamento anticipato, perché determina la crescita delle tasse, crescita che ricade sulle spalle dei giovani, e di contro non produce una domanda di lavoro qualificato, anche nel campo assistenziale." -