Domenica, 05 Giugno 2016 - 19:49 Comunicato 1252

Brücker: "Con i profughi opportunità ma anche costi sociali ed economici per i Paesi europei"

"I Paesi europei possono trarre un vantaggio dall'accogliere i profughi, ma la loro protezione implica anche un costo economico e sociale. Abbiamo bisogno di un coordinamento delle politiche, perchè se un Paese chiude le frontiere, questo significa che ci saranno più profughi in un Paese vicino e questo causerà un aumento dei costi per quel paese, che potrebbe essere indotto a diminuire il grado di tutela." Questa per Herbert Brücker, economista tedesco dell'emigrazione, che al Festival ha parlato della situazione tedesca, è un po' la situazione che si è verificata in Europa.

 Dopo avere ricordato quali sono le principali motivazioni che spingono i profughi a lasciare i propri Paesi ("Non è mai un solo motivo, ma un mix di ragioni politiche, economiche, umanitarie") Brücker ha sostenuto, fatto salvo il principio dell'obbligo di accoglienza in virtù della Convenzione di Ginevra, che i Paesi europei dovrebbero "adottare una qualche normativa che permetta di decidere come e quali profughi adottare, ed una distribuzione efficiente ed equa dei profughi stessi e dei relativi costi."

 La sua analisi si è concentrata, in particolare, sui profughi arrivati in Germania: il 70 % sono uomini, e di questi un altro 70 % è al di sotto dei 30 anni e il 55 % hanno meno di 24 anni. Pochi i diplomati o laureati, il 70 % degli over 18 anni non ha alcun diploma professionale o universitario. La quota preponderante condivide, ed è abbastanza sorprendente, valori come la separazione tra Stato e religione, ma sono conservatori per quanto riguarda la parità tra uomini e donne. "Per molti di questi profughi - sostiene Brücker - ci vorrà più tempo, rispetto agli emigrati non profughi del passato, per integrarsi nel mondo del lavoro: il 50 % troverà un lavoro dopo 5 anni, il 60% dopo dieci anni, il 75% dopo 15 anni. L'integrazione sarà facilitata dalla conoscenza della lingua tedesca (16 % in più di possibilità) ma anche dalle reti etniche che si insediano nelle città, ma sul mercato del lavoro potranno trovarsi in concorrenza con i migranti non profughi".



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