Dopo avere ricordato quali sono le principali motivazioni che spingono i profughi a lasciare i propri Paesi ("Non è mai un solo motivo, ma un mix di ragioni politiche, economiche, umanitarie") Brücker ha sostenuto, fatto salvo il principio dell'obbligo di accoglienza in virtù della Convenzione di Ginevra, che i Paesi europei dovrebbero "adottare una qualche normativa che permetta di decidere come e quali profughi adottare, ed una distribuzione efficiente ed equa dei profughi stessi e dei relativi costi."
La sua analisi si è concentrata, in particolare, sui profughi arrivati in Germania: il 70 % sono uomini, e di questi un altro 70 % è al di sotto dei 30 anni e il 55 % hanno meno di 24 anni. Pochi i diplomati o laureati, il 70 % degli over 18 anni non ha alcun diploma professionale o universitario. La quota preponderante condivide, ed è abbastanza sorprendente, valori come la separazione tra Stato e religione, ma sono conservatori per quanto riguarda la parità tra uomini e donne. "Per molti di questi profughi - sostiene Brücker - ci vorrà più tempo, rispetto agli emigrati non profughi del passato, per integrarsi nel mondo del lavoro: il 50 % troverà un lavoro dopo 5 anni, il 60% dopo dieci anni, il 75% dopo 15 anni. L'integrazione sarà facilitata dalla conoscenza della lingua tedesca (16 % in più di possibilità) ma anche dalle reti etniche che si insediano nelle città, ma sul mercato del lavoro potranno trovarsi in concorrenza con i migranti non profughi".