“La prima volta che arrivai a Lagos, in Nigeria, negli anni Settanta, la città aveva 200 mila abitanti. Oggi ne ha venti milioni. E dove prima si andava a piedi, ora bisogna tirar dritto o girare con la scorta” parte dalla sua esperienza personale il professor Giulio Sapelli per raccontare l’Africa al Festival dell’economia di Trento. E lo fa tracciando il ritratto corale di un continente ricco di specificità: il Nordafrica, quasi un prolungamento del Medioriente. L’Africa subsahariana. E ancora il Sudafrica, segnato dalle guerre anglo boere di fine Ottocento. Un continente dove “lo sviluppo avviene a scatti, viste le differenze enormi tra le città e le campagne e lo spopolamento di queste ultime”. “Come già accaduto in America latina – continua – fallito il progetto di dare la terra ai contadini, le città si sono trasformate in metropoli, veri e propri enfisemi polmonari innestati nel continente”. Questo ha generato grandi problemi in agricoltura, ma anche nuove opportunità, nel settore edilizio per esempio. “Si è creata una nuova borghesia”, che produce e investe. Una borghesia che può portare il continente a crescere solo nell’ambito di un “processo lento, accompagnato dalla costruzione di una società politica”. Un processo “non solo economico, ma basato sulla conoscenza reciproca, tra Africa e Europa”.
Questo concetto è fatto proprio anche da Domenico Fanizza dell’African Development Bank che sottolinea come lo slogan del Piano Mattei sia “growing together” (crescere insieme). “Questo perché non si tratta di un piano di aiuti. Decenni di aiuti in Africa sono serviti solo a lenire i sensi di colpa del colonialismo. Bisogna lavorare su un piano di parità a delle partnership che permettano di costruire ricchezza insieme. Partendo dalle cose semplici perché è difficile parlare di transizione energetica in un continente dove milioni di persone non hanno accesso all’elettricità. Un’altra priorità è la costruzione di grandi infrastrutture che connettano le diverse aree del continente e l’uso dei fondi del Piano Mattei come effetto leva per generare ulteriori investimenti per supportare le zone di più forte emigrazione”.
Kyritsi della Banca europea degli investimenti ha ricordato come l’Africa sia una priorità geopolitica dell’Unione europea, mentre il professor Luigi Paganetto ha spiegato come sia “fondamentale stimolare gli investimenti privati, secondo il modello Juncker”. Ma anche cambiare ottica, passando da una concezione di “Europa anseatica” a quella di “Europa euro-mediterranea”, guardando alle energie rinnovabili “per esempio sfruttando il sole che splende nel Sahara per produrre energia nell’interesse convergente dei Paesi locali ed europei”.
L’imprenditore sociale Manfo Zangmo ha infine evidenziato come in Africa ci sia una nuova fame: “la fame di istruzione”. L’incontro è stato moderato da Alberto Magnani, giornalista de Il Sole 24 Ore.