Lunedì, 30 Settembre 2013 - 02:00 Comunicato 2794

Al centro del convegno i percorsi di inserimento sociale e il vissuto psicologico di questi ragazzi
A TRENTO IL FOCUS SUI GIOVANI DI ORIGINE IMMIGRATA

Identità, ascolto, dialogo, empatia. Sono alcune fra le parole chiave emerse dal convegno "Come equilibristi. Sfide e opportunità dei giovani di origine straniera in crescita fra le culture" che si è svolto venerdì 27 e sabato 28 settembre nell'Aula Magna del Seminario Maggiore Arcivescovile di Trento. L'evento è stato promosso dal Cinformi in collaborazione con l'Associazione Jonas Onlus, l'Associazione Psicologi per i Popoli in Trentino, l'Associazione Transizioni, L.E.D. – Laboratorio di Educazione al Dialogo di Villa Sant'Ignazio, lo Spazio di Ascolto DaogniDove e l'Ordine degli Psicologi di Trento.
Al centro dei lavori i percorsi di inserimento sociale e il vissuto psicologico dei giovani di origine immigrata. Un tema affrontato con un approccio multidisciplinare che ha spaziato dal complesso quadro giuridico per l'ottenimento della cittadinanza formale – esposto da Anna Cattaruzzi, esperta di tutela del minore straniero e di ricongiungimenti familiari del Foro di Udine – sino al riconoscimento della cittadinanza sostanziale; dall'integrazione scolastica ai percorsi di vita dei giovani migranti nella nuova comunità di cui fanno parte, con gli annessi – e a volte drammatici – risvolti psicologici che caratterizzano le loro esperienze di vita.-

Ne è uscito un ritratto dei ragazzi "nuovi italiani" presenti nel Paese che contraddice molti luoghi comuni, come quello – ad esempio – del ritardo scolastico, dovuto molto spesso ad un inserimento in classi non adeguate alla loro età o ad una collocazione in classi "problematiche". L'integrazione scolastica – ha detto la professoressa Elena Besozzi della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università Cattolica di Milano – passa attraverso la dimensione relazionale e la dimensione cognitiva; la scuola deve coniugare somiglianza e differenze, equità e merito.
Esiste – ha affermato invece il professor Maurizio Ambrosini dell'Università degli Studi di Milano – un problema di 'ansia di assimilazione'. La presenza dei migranti mette in discussione la nostra idea di nazione e c'è una forbice fra le aspettative dei giovani migranti e le reali opportunità riconosciute nel Paese dai cosiddetti autoctoni.
Come porci quindi di fronte alle diversità culturali dei giovani di origine immigrata e scongiurare il pericolo di una loro possibile "doppia assenza" rendendoli invece "ponti fra culture"? Innanzitutto – come ha suggerito Wanda Ielasi, vicepresidente dell'Associazione Psicologi per i Popoli del Mondo – riconoscendo che le nostre griglie di lettura non sono le uniche possibili. Spesso diamo un significato alla realtà prima ancora di percepirla e così facciamo anche di fronte alle diversità culturali. Dobbiamo valorizzare il dialogo, il confronto con questi ragazzi, approfondire i vissuti reciproci di migranti e di autoctoni ed entrare in empatia – come suggerito anche da Maria Laura Bergamaschi, psicologa Jonas Onlus – con i ragazzi giunti in Italia da altri Paesi. Giovani talvolta in fuga da situazioni disperate e arrivati in Italia in condizioni di emergenza, con un tragico vissuto alle spalle da sviscerare e superare, come raccontato da Raffaella Kaisermann, educatrice professionale dell'Azienda sanitaria a Trento e da Luigi Ranzato, presidente dell'Associazione Psicologi per i Popoli (Trentino). Di qui l'importanza sottolineata dallo stesso Ranzato e da Ernesto Rosati, primario dell'Unità Operativa di Psicologia 1 – Distretto Centro Nord dell'APSS, di fornire una risposta organica e strutturata a questo disagio psicologico.
Sabato mattina, nell'ultima sessione di lavori, l'attenzione è stata particolarmente rivolta alla promozione del benessere dei giovani immigrati, partendo da una sua definizione per poi individuare attori, strumenti e metodologie di lavoro. Un concetto, quello appunto di benessere, intrecciato con le definizioni di stile di vita e di salute, intesa oggi come "stare bene" non solo sul piano fisico, ma anche psicologico, relazionale...
Per raggiungere il benessere dei ragazzi di origine immigrata – è stato detto – bisogna intervenire nei "macro settori" della vita, come ad esempio scuola, lavoro e famiglia. Gli attori-fautori di questo benessere sono – fra gli altri – i servizi sociali, sanitari e le istituzioni, che devono lavorare in rete con un approccio "reticolare" sotto un unico coordinamento, spesso demandato all'ente pubblico o al privato sociale. Fra i necessari strumenti, l'attività di ricerca per analizzare il bisogno dei giovani di origine straniera, la pianificazione integrata delle attività progettuali e l'attuazione di diverse tipologie di interventi nei citati "macro settori". In questo quadro, la mediazione interculturale ricopre un ruolo di primo piano per la promozione del benessere dei giovani immigrati. Mediazione che può essere ad opera di professionisti ma anche, in taluni casi, degli stessi ragazzi, che possono così vivere da protagonisti la valorizzazione della loro diversità culturale come ricchezza, come "ponte fra culture".
Superamento delle barriere, apertura e fiducia sono invece i concetti chiave emersi dai gruppi di lavoro. Sta in queste parole l'importanza e la "ricetta" del primo approccio alla diversità, perché in ogni luogo per i giovani di origine straniera – ma per la generalità dei migranti – la prima conquista, prima ancora di veder riconosciuta la propria ricchezza culturale, è essere riconosciuti come persone. (ac) -