Ritratti contemporanei. Artisti famosi legati al Trentino rendono omaggio a Fortunato Depero - Jacopo Mazzonelli Christian Fogarolli
Seconda parte
Dopo i contributi di Stefano Cagol e Veronica de Giovanelli procede la carrellata di ritratti contemporanei ospitando altri due artisti connessi al Trentino: Jacopo Mazzonelli e Christian Fogarolli.
Mazzonelli vicino alla musica, Fogarolli alla scienza, due artisti della stessa generazione che con grande passione e competenza arricchiscono le frontiere dell’arte visiva attingendo da discipline altre, complesse, complementari e che in un gioco di rimpalli linguistici offrono una rielaborazione del mondo molto interessante. Con lo stesso approccio è stato riletto per RITRATTI Fortunato Depero.
JACOPO MAZZONELLI (Trento 1983)
Diplomato in pianoforte e in musica contemporanea presso l’Accademia Internazionale TEMA di Milano è un artista che crossa fra la musica e l’arte visiva con grande disinvoltura e volontà di stimolare al massimo entrambe le discipline. E’ sia musicista che artista e questa dualità è palesata in tutte le sue sculture, assemblaggi, installazioni e performance.
La devozione con cui Mazzonelli destruttura e ricompone strumenti musicali denota una volontà nel dare forme diverse alla musica utilizzando linguaggi propri dell’arte visiva per reinterpretarla. Suoni, rumori, ritmi, silenzi sono parti integranti delle sue opere.
Diverse partecipazioni in mostre e progetti internazionali hanno accresciuto la sua fama a livello europeo senza nulla togliere al Trentino in cui ha appena concluso alla Galleria Civica di Trento una grande mostra personale dal titolo To be played at maximum volume di cui, il lavoro ABCDEFG, una installazione composta da sette pianoforti modificati in modo che possano suonare una sola nota, è stata vincitrice nel 2015 del premio Fondo Privato Acquisizioni per l’arte contemporanea di ArtVerona.
Il sound nell’opera di Fortunato Depero
La ricerca artistica di Depero coincide con un periodo storico di forte contaminazione delle arti e di stretta collaborazione tra artisti, musicisti, coreografi e poeti. Tale periodo è stato per me fondamentale dal punto di vista musicale: già durante i miei studi pianistici avevo approfondito la produzione musicale di Alfredo Casella, un autore che era entrato in contatto con Depero per la realizzazione delle musiche di Balli plastici. Nello specifico avevo affrontato Pagine di Guerra e Pupazzetti, un repertorio per pianoforte a 4 mani che si ritrova in forma orchestrata proprio nelle musiche per il balletto di Depero. In tal senso, riveste un certo indiscusso fascino quel momento nel quale si domanda all’esecutore una certa meccanicità esecutiva, scevra dall’elemento espressivo, in totale contrasto con ciò che invece il musicista tende a fare di natura, ossia personalizzare l’esecuzione operando micro-cambi agogici che restituiscano quell’unicità esecutiva che distingue un musicista da un altro. Recentemente, in un concerto, ho anche eseguito Carillon, da 11 Pezzi Infantili op.35, sempre dello stesso autore, dove una banale e rassicurante linea melodica si contrappone ad un pattern ritmico-armonico ripetitivo e logorante. In qualche modo, i personaggi di Depero appaiono come automi caricati a molla, pronti a scattare immediatamente a comando. La sua pittura è in questo senso estremamente ritmica, mentre l’utilizzo del colore è sicuramente di matrice musicale. Depero si lascia a mio modo di vedere osservare simultaneamente sia da un artista che da un musicista, laddove il senso del movimento è sempre evocato rimanendo su quella linea di confine tra il subito prima e il subito dopo. Uno degli aspetti interessanti e anticipatori dello stesso movimento futurista è l’idea di perfomance che inevitabilmente va a sostituirsi a quella di concerto nel senso tradizionale del termine. Basti pensare agli Intonarumori di Luigi Russolo, o alla vendita di doppioni di biglietti numerati agli spettatori per scatenare il caos in sala.
Arte applicata e arte contemporanea
Tornando a Depero, un altro aspetto che prepotentemente entra nel discorso contemporaneo è quello dell’arte applicata. “L'arte dell'avvenire sarà potentemente pubblicitaria” scriveva nel ’32. Ciò implica una riflessione su come il messaggio artistico venga veicolato, trasmesso e promosso oggi. Ci sono artisti, o meglio opere d’arte, che si può dire, bucano lo schermo più di altre. Credo che Depero sia stato particolarmente incisivo in questo senso, che sia stato in grado di creare nella memoria dello spettatore una tribù iconica molto funzionale. L’arte contemporanea oggi solo in parte percorre questa strada. Nel mio specifico caso, spesso le fotografie delle opere vengono realizzate per svelare il massimo dettaglio del lavoro, ma irrimediabilmente qualcosa va perso, laddove intervenga all’occorrenza un suono, o la necessità di un’osservazione tridimensionale dell’opera - un attraversamento fisico che lo spettatore deve compiere per interpretarla.
Paesaggio sonoro
Riprendendo dunque il discorso precedente, un punto di contatto affascinante risiede in una modalità rappresentativa dove sono i volumi e le proporzioni a suggerire un tessuto musicale implicito. Entrando a Casa Depero - dove l’elemento ritmico è assolutamente dominante - il suono è presente in ogni figura geometrica, mentre il rumore domina le scene più affollate. Gli arazzi presentano spesso personaggi disposti a blocchi, il che rimanda immediatamente alle sezioni strumentali di un’orchestra sinfonica. Il rumore entra dove tali schiere si sciolgono generando un sovraffollamento di personaggi o di elementi urbani. E’ qui che entra dal mio punto di vista quello che Murray Schafer ha definito Paesaggio Sonoro, un luogo acustico fatto tra l’altro di segnali e impronte sonore. Da piccolo osservavo spesso una grafica di Depero appesa alle pareti del salotto di casa, piena di scritte allora per me solo parzialmente decifrabili. Ricordo però il movimento da trapezista che doveva compiere il mio collo per leggerle. E’ un bel ricordo.
CHRISTIAN FOGAROLLI (1983, Trento. Vive tra Trento e Praga)
Arte, discipline scientifiche, memoria e archivio sono le chiavi di accesso per entrare nella ricerca di Christian Fogarolli. Il suo interesse verso l’individuo e le alterazioni delle dinamiche neurologiche manifestate nel corso della storia è fonte di diversi lavori che partono da una ricerca di archivio molto meticolosa presso Istituti di cura mentale in Europa. L’interazione fra medicina, scienza e creatività è stata manifestata anche in passato ed è fonte di studio da parte dell’artista che elabora, decodifica e rilegge in chiave artistica, sociologica e politica. La posizione di Fogarolli consiste nel mediatore e stimolatore di connessioni e riflessioni fra questi due mondi idealmente lontani.
Ha conseguito nel 2010 un Master in studio, diagnostica e restauro di dipinti antichi moderni e contemporanei all’Università di Verona ed ha ottenuto una laurea specialistica in conservazione dei beni culturali all’Università di Trento. Riconoscimenti dall’estero sono arrivati fin dall’inizio della sua carriera collaborando con la Maison Rouge e la Gayté Lyrique di Parigi, il de Appel arts centre e il Vrolik Museum Academic Medical Center di Amsterdam. Ha mostrato le sue ricerche alla 5th Moscow International Biennale presso il NCCA e il MMOMA di Mosca e nel 2012 è stato invitato a esporre il progetto Lost Identities a dOCUMENTA(13) e successivamente al museo Mart di Rovereto.
Qualità del fare e del pensiero Italiano
Considero il mio lavoro molto lontano dal percorso costruito da Fortunato Depero, spero che un mio punto di vista possa essere interessante per evidenziare qualche aspetto, forse meno considerato. L’influenza del lavoro di Depero, non solo nel mondo artistico, è chiaramente evidente anche oltre i confini di questo territorio, soprattutto se pensiamo allo stato attuale della globalizzazione e della comunicazione; non saprei dire se oggi la sua mentalità e le sue azioni siano ancora vive nel Trentino; la costruzione della società e i sistemi artistici sono radicalmente cambiati. Depero ha spesso esaltato la “qualità del fare e del pensiero italiano” e questo mi sembra un aspetto ben assorbito nel territorio, forse molto meno nel resto del paese.
Rito nell’arte di Depero
Il mio approccio e la mia visione credo siano abbastanza distanti dalla dimensione artistica di Fortunato Depero, spesso “giocosa” e vista anche come utilità, quotidianità e artigianato. Ho sempre creduto che l’arte possa essere realmente utile a qualcosa solo se nata senza lo scopo di esserlo. Depero era un personaggio a parte ed estremamente poliedrico e attivo in diverse discipline e settori. Verso il suo lavoro provo ancora un profondo fascino per una certa dimensione del “rito”, di cerimoniali e di simboli fuori dal tempo composti da uomini e cose.
L’aspetto futurista della simultaneità del rapporto uomo-macchina è per me uno dei punti più interessanti, anche in relazione al mio lavoro, credo sia stata una svolta e oggi possiamo notarne le conseguenze e le potenzialità. In Depero, forse diversamente da Balla e Boccioni, l’aspetto meccanico risiedeva più nel suo animo e nella sua operatività. Ha tentato di meccanizzare l’universo, ma sempre ricercando le fonti astratte della natura attraverso diverse stratificazioni: quella umana, floreale, della fauna e dei cieli.
Oltre a questi aspetti ho sempre provato una vera ammirazione verso Depero, per il suo atteggiamento, la sua idea d’azione, la sua forza e caparbietà, elementi strettamente necessari anche oggi per poter svolgere questo lavoro.
Trentino, un modello italiano ... migliorabile
In questo momento sto mantenendo come basi in alternanza Trento e Praga; il Trentino è una regione con delle grandissime potenzialità e delle risorse che molte altre regioni del paese non possiedono. Credo che il Trentino rimanga un modello, ma in ogni caso ovviamente perfezionabile.
Arte vs società
L’obiettivo del futurismo di Depero consisteva in una radicale modifica e fusione di tutte le discipline, oggi, a livello globale, non penso esista una lotta per uscire da qualche situazione, anzi credo piuttosto che ci sia una vera e propria volontà di non cambiamento. Forse servirebbe una “Ricostruzione di senso”. Troppo spesso oggi l’arte (o presunta tale) è utilizzata come mezzo per arrivare al denaro, e quindi sfruttata, usata. Forse andrebbe recuperata l’importanza di utilizzare il mezzo del denaro per arrivare alla migliore arte.
di Giovanna Felluga
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