Martedì, 11 Luglio 2023 - 18:06 Comunicato 2073

Utilizzata in Trentino fin dagli anni duemila, attualmente eseguita solo in pochi altri centri italiani
Tumore alla prostata, mille pazienti trattati con brachiterapia

È stato recentemente eseguito dall’Unità operativa di radioterapia oncologica, in collaborazione con l’Unità operativa di fisica sanitaria, il millesimo trattamento di brachiterapia in pazienti affetti da neoplasia prostatica in stadio iniziale. Si tratta di una metodica non chirurgica che concentra selettivamente le radiazioni a livello del tumore, in questo caso nella prostata, risparmiando con assoluta precisione gli organi circostanti evitando quindi danni agli altri tessuti.
Semi di iodio radioattivo

Il trattamento, che si esegue in anestesia spinale e quindi con paziente sveglio, consiste nell’inserzione in loco di semi di iodio radioattivo che irradiano la prostata in modo molto selettivo evitando di rilasciare dose agli organi limitrofi (retto e vescica) annullando di conseguenza il rischio di effetti collaterali a lungo termine.

Il paziente potrà dal giorno dopo considerarsi guarito e iniziare un percorso di controlli semestrali e annuali del Psa (antigene prostatico specifico, un marcatore che identifica l’eventuale presenza di un tumore prostatico)

Apss ha una lunga esperienza nell’impiego della brachiterapia nella cura del tumore alla prostata. Questa metodica viene utilizzata in Trentino fin dagli anni duemila e attualmente si esegue solo in pochi altri centri italiani poiché necessita di esperienza e collaborazione tra medici della radioterapia, che eseguono l’impianto e fisici sanitari, che ne valutano la dosimetria.

La peculiarità della brachiterapia è che il trattamento si risolve praticamente in 24 ore e questo ha portato un notevole afflusso di pazienti anche da fuori provincia: attualmente oltre il 60 per cento dei pazienti trattati all’ospedale Santa Chiara di Trento provengono da altre regioni Italiane.

I dati di guarigione con questa terapia sono sovrapponibili a quelli della chirurgia e il tasso di effetti collaterali è veramente esiguo anche rispetto ad altre tecniche di radioterapia e dopo svariati anni dal trattamento.

La brachiterapia, come tutte le tecniche di terapia molto localizzate, non è consigliata per i pazienti con malattia prostatica ad alto rischio e cioè con caratteristiche di maggior aggressività in quanto per questo tipo di tumori vi è la necessità di irradiare a scopo precauzionale anche i linfonodi pelvici. Per eseguire questo tipo di trattamento sono disponibili nell’Unità operativa di radioterapia oncologica tre acceleratori lineari di ultima generazione, che consentono la miglior tecnica di irradiazione disponibile con LINAC (LINear ACcelerator) garantita ai pazienti da ormai più di 15 anni e precisamente dal 2008 anno di esordio dei trattamenti a intensità modulata per il risparmio dei tessuti sani guidati dalle immagini. Nei prossimi mesi l’unità operativa sarà dotata di un quarto acceleratore lineare, sempre di ultima generazione, acquistato da Apss con i fondi del PNRR.

La brachiterapia resta una terapia fondamentale anche nella cura di altre neoplasie, per esempio i tumori della cervice uterina e l’Unità operativa di radioterapia di Trento è considerata, anche per questo tipo di trattamento, centro di riferimento per il Trentino Alto Adige e Veneto concentrando al Santa Chiara tutte le pazienti che necessitano di tale metodica.

(rc)


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