
Un secolo fa la scrittrice inglese Virginia Woolf scriveva che ogni piccola grande storia di impresa al femminile comincia con una donna che decide di ritagliarsi “una stanza tutta per sé”. Un insegnamento, questo, che la designer industriale Janne Geyer si prepara a fare proprio con l’apertura, dopo il percorso di preincubazione in Progetto Manifattura a Rovereto, seguita dai tutor di Trentino Sviluppo, di un laboratorio di sartoria tutto suo ad Arco. Tedesca d’origine ma arcense d’adozione, la designer è mamma di tre figli e proprio all’intreccio delle loro iniziali si deve il nome della startup Nojolia, da lei fondata per combattere l’obsolescenza programmata dei capi d’abbigliamento.
“Quando si hanno tre bambini – spiega Janne Geyer – bisogna continuare a rinnovare il loro guardaroba, un po’ come se i loro vestiti fossero stati pensati per durare il meno possibile”. Di qui l’idea di mettere a frutto i suoi studi in design industriale al Politecnico di Milano cimentandosi in una nuova idea d’impresa volta a sviluppare felpe, pantaloni, cappellini e scaldacollo resistenti e facilmente adattabili alla rapida crescita dei più piccoli.
E quello che all’inizio era un divertente esperimento, che ricorreva alla progettazione di risvolti colorati per allungare i pantaloni da una stagione all’altra o di vestiti facilmente convertibili in felpe, si è presto trasformato in un vero e proprio business. Nojolia ha infatti aderito al percorso di preincubazione e tutoraggio nell’hub green di Trentino Sviluppo, finalizzato all’implementazione di un business model improntato sull’economia circolare e sull’uso di tessuti certificati GOTS (Global Organic Textile Standard) ovvero composti per almeno il 70% da fibre naturali di origine biologica, prodotte attraverso una filiera etica, che garantisce l’eliminazione dei rischi ambientali, l’efficiente uso delle risorse, un basso impatto ambientale e il rispetto della giustizia sociale in ambito lavorativo. Altra priorità per la startup era lo sviluppo di una nuova strategia di marketing basata sull’e-commerce. “Quando ho iniziato – dice la Geyer – esponevo a tutte le fiere e ai mercatini di quartiere, ma era un po’ stressante, perché dovevo stare tante ore lontana da casa e dai miei figli. Poi ho scoperto i social network e la possibilità di utilizzarli per promuovere le mie creazioni nonché per fidelizzare i miei clienti e così nel giro di un anno ho iniziato ad esportare anche in Portogallo e in Spagna”.
Di qui l’idea di implementare l’attività online per raggiungere anche le piazze commerciali più lontane al fine di trasformarla in una vera e propria community in cui le donne possano scambiarsi opinioni e consigli e perché no, anche creare e personalizzare con un clic il proprio outfit sportivo su misura. Da qualche mese infatti, la Geyer ha avviato una nuova linea di abiti per il tempo libero per ragazze e donne di tutte le età in jersey, felpa e jacquard. Ma ad un’impresa che cresce servono nuovi spazi. Di qui la scelta della mamma - startupper di lasciare il proprio ufficio in coworking in Progetto Manifattura per aprire un “laboratorio tutto per sé” di circa 40 metri quadrati ad Arco, dove conta di poter presto assumere anche un nuovo collaboratore o collaboratrice.
Immagini ed interviste a cura dell’Ufficio stampa