
«Da piccolo, quando entravo in un museo - spiega Andrea Sartori - la prima cosa che mi raccomandavano era di non toccare niente, perché avrei potuto danneggiare opere e reperti di inestimabile valore. Crescendo ho iniziato a chiedermi come potevano, allora, fruire di quell’esperienza le persone cieche e ipovedenti».
Di qui la scelta di approfondire l’argomento anche nella propria tesi di laurea in Design alla scuola d’arte LABA di Rovereto. «Volevo dar vita a qualcosa di unico, che mostrasse un impiego non standardizzato della stampa 3D». Nello specifico, si è scelto di lavorare su un teschio di orso speleo. Un esemplare dell’animale, che abitava le nostre valli 20.000-30.000 anni fa, è esposto al Museo Civico di Rovereto. Molti altri resti sono stati trovati nelle grotte della Valle Sabbia, in provincia di Brescia, e trasferiti nell’omonimo museo a Gavardo. Proprio da lì viene il teschio che è stato riprodotto in ProM.
«Per riprodurre il cranio – racconta Gianluca Berti, ingegnere di ProM Facility – abbiamo eseguito due tipi di analisi: una prima scansione esterna superficiale e una seconda tomografia, ovvero una specie di TAC, del teschio». Ciò ha permesso di analizzare con dovizia di dettagli non sono la parte esterna del reperto, ma anche l’interno. Sono stati infatti esaminati e riprodotti fedelmente i vasi del cranio e le cavità nasali e dentali. Il cranio è stato poi stampato in 3D in Poliammide (Nylon), un materiale che ben si presta ad essere maneggiato.
La riproduzione del cranio – come già fatto con precedenti modelli in scala realizzati in ProM Facility – verrà messa a disposizione dei due musei per diversi percorsi museali che possano facilitare l’esperienza per una platea di pubblico più ampia possibile.
In collaborazione con la cooperativa Abilnova, infatti, Sartori si è interrogato sulle barriere architettoniche e percettive che una persona con disabilità può trovarsi ad affrontare entrando in un museo e, oltre alla riproduzione del teschio dell’orso delle caverne, nella tesi ha studiato un innovativo espositore, accessibile anche dal punto di vista economico, per migliorare la loro esperienza di visita.
Il totem informativo immaginato da Sartori si chiama “Homeros” in omaggio al grande padre cieco dell’epica classica e ruota su sé stesso per evitare che debba essere la persona a spostarsi. Anche le altezze sono calcolate con una particolare attenzione per le persone in carrozzina. All’interno dell’espositore, ci sono l’oggetto prototipato, che quindi può essere maneggiato dai visitatori, e poi cassetti con fascicoli in Braille, tablet con la spiegazione nella lingua dei segni (LIS), sistemi tecnologici RFID per trasmettere l’audioguida semplicemente avvicinando totem e cellulare del visitatore, campioni materici – per esempio, in questo caso pelliccia o corteccia – e poi ancora un profumatore per attivare la memoria olfattiva. La parte inferiore del totem, infine, è forata, per permettere a una coreografia di laser di farla interagire con lo spazio circostante. L’idea, infatti, è quella di mettere le persone con disabilità al centro e a fianco degli altri visitatori e di garantire a tutti l’esperienza di visita più completa e integrata possibile. (m.d.c.)
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Immagini ed interviste a cura dell’Ufficio stampa