Domenica, 26 Maggio 2024 - 16:49 Comunicato 1395

Unione bancaria, ecco cosa manca per il suo completamento

L'unione bancaria è una risposta a due crisi importanti: quella del debito sovrano del 2012 e quella del debito bancario europeo. Dei suoi obiettivi e di cosa manca per il suo completamento ne hanno discusso Elena Carletti, docente dell'Università Bocconi, Andrea Enria, Financial Markets Group, London School of Economics, Marcello Messori, docente dell'Istituto Universitario Europeo e Mateusz Szczurek, Lead UE Economist, European Bank for Reconstruction and Development. Giuliana Ferraino, giornalista economica del Corriere della sera, ha moderato il panel di esperti.
Completare l’unione bancaria è necessario ma non basta Nella foto: Giuliana FERRAINO; Andrea ENRIA; Mateusz SZCZUREK; Marcello MESSORI; Elena CARLETTI [ Daniele Paternoster - Archivio Ufficio Stampa PAT]

“Prevenzione del rischio sistemico, reintroduzione della responsabilità privata, rottura del nesso tra banche e titoli sovrani, stimolo alla crescita”. Per le professoressa Elena Carletti, questi sono gli obiettivi dell'unione bancaria nell'Unione europea. “Grazie all'implementazione degli accordi di Basilea 3 – ha spiegato la docente – è stato raggiunto il primo, mentre il secondo è realtà dato che in passato le banche venivano salvate dai governi e ora ciò non accade più. Al contrario, si è lontano dalla realizzazione del terzo e del quarto obiettivo. L'Europa fa fatica a promuovere la crescita in qualunque campo, per esempio anche nella difesa. L'unica eccezione è rappresentata dal Next Generation Ue. Ma ciò è allo stesso tempo un passo avanti e uno indietro perché si è detto che si tratta di un'occasione unica e non ripetibile”.

Marcello Messori, docente dell'Istituto Universitario Europeo, ha sottolineato che: “Nell'Ue c'è una forte dipendenza dell'attività produttiva dal credito bancario. Di sicuro la mancanza del terzo pilastro, una garanzia dei depositi, impedisce l'unificazione bancaria. Ma manca qualcosa anche nel secondo, la gestione delle crisi bancarie. Bisogna evitare che ogni crisi venga gestita da istituti pubblici. E allo stesso tempo anche l'opposto, che solo il mercato possa risolvere i problemi. La soluzione migliore sta nel mezzo. Ci vorrebbero meccanismi centralizzati per la risoluzione delle crisi bancarie. Abbiamo avuto crisi di grandi banche che non hanno fatto scattare questo meccanismo. È necessario almeno armonizzare le legislazioni nazionali bancarie. Per esempio le norme sulle bancarotte. In definitiva, l'efficienza del secondo pilastro eviterebbe la frammentazione e i mercati finanziari devono essere fondamentali per la crescita e la transizione”.

Mateusz Szczurek in Polonia è stato ministro delle Finanze dal 2013 al 2015 e ha ricordato che nel suo Paese i ministri economici dopo l'incarico parlano per 10 anni con i pubblici ministeri: “Per loro è difficile agire quando c'è una crisi bancaria. Se la lasciano fallire, vengono accusati di mancata azione. Al contrario, se intervengono, il capo d'accusa è di essere andati al di là delle proprie competenze”. “Inoltre – ha aggiunto l'ex politico – è pericoloso distinguere tra il secondo e il terzo pilastro nel momento in cui non è stato ancora realizzato il secondo. I due pilastri andrebbero visti come funzionanti insieme”.

Andrea Enria è stato presidente del consiglio di sorveglianza della Bce e presidente dell'Eba, l'autorità bancaria europea. “Gestire le crisi – ha precisato l'esperto – è difficile, ma non è vero che l'unione bancaria non sia in grado di gestirle. Basti pensare ai casi del Banco Popular, di Sberbank, e di Acba. Il bicchiere resta mezzo vuoto per la mancanza di integrazione. Ciò è un problema serio dal punto di vista dei rischi. Nell'Ue manca il private risk share e si crea un loop con i governi. Quando ero all'Eba e alla Bce abbiamo aperto diverse strade. È importante il passaggio da società incorporate a sportelli. Negli Usa nel 1994 sono state rimosse le barriere nazionali e da 60 società incorporate si è arrivati a 25 undici anni dopo. Rimane una certa riluttanza perché l'attività bancaria resta un po' politica”.

(ag)


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