“Abbiamo bisogno di simboli per poter riportare all’attualità le atrocità del passato e sentirle ancora nostre, per non ripeterle. Ecco perché in questa cerimonia - ha aggiunto Marchiori - vorrei ricordare il peso numericamente
enorme di questa esperienza, che ha riguardato anche moltissimi trentini.
Dalla ricerca effettuata dalla Fondazione Museo storico tramite il “censimento dei militari trentini nella seconda guerra mondiale” (consultabile online) emergono, fino ad ora 7.522 nominativi su di un totale di 35.448 militari. Tra questi 7.522, un numero che a ricerca completata dovrebbe arrivare a circa 10.000, più di 300 sono i morti e più di 100 sono i dispersi. Ma sappiamo, dalle tante storie che ci sono state raccontate dai testimoni, quanto fossero difficili le condizioni dopo la liberazione e il ritorno a casa. Tantissime "piccole" storie familiari, accanto a "grandi" storie come quella di monsignor Nicolini, che devono poter uscire dal ricordo privato per diventare esperienza collettiva viva nella sua tragicità.
Dimenticare le loro vicende, la singolarità delle loro storie, sarebbe come completare il disegno di
“spersonalizzazione” avviato dai loro carcerieri. Sarebbe un modo per legittimare ancora una volta quella "banalità del male" quell'indifferenza generale alla base delle tragedie degli anni '40.
Come rappresentanti delle istituzioni dobbiamo sentirci in obbligo nei loro confronti nel momento in cui consegniamo, ai famigliari di alcuni di loro, la Medaglia d’onore”.
Rassegna stampa ad uso interno: Articolo da L'Adige - 28.01.2024