Domenica, 25 Settembre 2022 - 17:24 Comunicato 2967

Vela, giovani e storie di donne
L'oro di Tita, la “Partita della parità” e lo “Sport come gioco”

Grande finale con l'impresa del trentino alle Olimpiadi di Tokio 2020, che si racconta al pubblico di piazza Duomo. Spazio anche ai libri del Centro Erickson: “Lo sport è ancora un gioco” di Paolo Crepaz e “La partita della parità” con Lucia Castelli e Alessia Tuselli. Con l’aiuto di storie e di sportivi che hanno saputo vincere e perdere. Lo sport, è stato rimarcato, quello vero, quello praticato, non quello da talk show, gossip e spot pubblicitari, continua ad alimentare i sogni di tante ragazze e tanti ragazzi, è fonte di gioia, aiuta a crescere e consente di guardare con speranza al futuro. Ma sul fronte delle parità, confermano le relatrici, nonostante molti esempi positivi, c'è ancora tanto da lavorare
LIBRI DI SPORT LO SPORT E' ANCORA UN GIOCO - SPORTIVE: LA PARTITA DELLA PARITA' - FOIL Nella foto: Carlo MARTINELLI, Ruggero TITA, Lucia CASTELLI, Alessia TUSELLI, Paolo CREPAZ Festival dello Sport Piazza Duomo Trento, 25 settembre 2022 [ Nicola ECCHER Archivio ufficio stampa Provincia autonoma di Trento]

“Foil“ (Nutrimenti Mare) con il velista trentino Ruggero Tita ha chiuso gli appuntamenti con le presentazioni dei libri, freschi di stampa, al Festival dello Sport 2022 in Piazza Duomo. La sua straordinaria vittoria alle Olimpiadi di Tokio 2020 è ancora negli occhi di tutti, così come i successi più recenti. Ha vinto la quarta medaglia d’oro nella storia della vela italiana, in coppia mista con Caterina Banti. Una medaglia che mancava all’Italia da 21 anni. A    proposito di parità nello sport, Tita sottolinea: “Sulla mia barca – in categoria mista – il ruolo del prodiere è affidato proprio a Caterina, mentre io sono il timoniere, quindi più tattico e strategico. Nel nostro mondo le quote sono estremamente rispettate”. Fin da bambino, inseguiva il vento e le onde, gli inizi vicino a casa, le scelte e i momenti decisivi, la famiglia, lo studio, la crescita di un atleta amante degli sport estremi, lo sviluppo tecnologico con l’avvento del foiling e della vela volante, le scelte difficili. Tita ricorda: “Non è stato però amore a prima vista con la vela. Vedevo barche molto lente nel lago di Caldonazzo e il nuoto non era nelle mie corde. Successivamente è stata la parte agonistica della vela che mi ha appassionato. E' una partita a scacchi che si combatte con gli elementi naturali. La mia avventura è iniziata proprio da Caldonazzo, conoscendo personaggi importanti che hanno segnato la mia strada. Poi gelava d'inverno e quindi o andavo a sciare o nulla. Dopo qualche anno mi sono così spostato sul lago di Garda, conosciuto in tutto il mondo per la sua bellezza. E' il paradiso della vela, da qui nasce la mia palestra in Trentino, fino a girare tutto il mondo. Mi sono anche laureato in ingegneria informatica a Trento, sollecitato da mia madre, ma devo dire che la mia preparazione mi ha molto aiutato con le barche”. Come un romanzo di formazione di un velista dei nostri giorni, Foil racconta la storia di un giovane talento velico. Una vita a correre sul mare sfruttando gli elementi naturali, con volontà e determinazione, fino alla cronaca del massimo trionfo sportivo, l’oro olimpico. Il velista trentino conferma che ancora oggi si diverte molto in barca: “Le mie vacanze sono sul Garda, uscendo in solitaria. La passione per crescere e innovare non deve svanire mai. In merito ai social invece, ho imparato molto vedendo gli altri. Si dovrebbe essere più attenti, vanno usati nel modo giusto come fonte di ispirazione”. Che emozione si prova se ti dicono che fai parte di Luna Rossa? “Avevo già avuto contatti - dice Tita – ma non mi aspettavo una convocazione ufficiale proprio al Festival dello Sport al Sociale, con la presentazione del progetto. Sono salito sul palco con una grandissima emozione. Un progetto che spero possa proseguire assieme a molte altre sfide future, magari anche olimpiche. E a proposito di frasi famose alle Olimpiadi di Tokio, ho detto davvero ironicamente, pare che abbiamo vinto l'oro. E' stato un momento 'indimenticabile. Ogni giorno cerco di dare il mio massimo, perchè da qualche parte nel mondo c'è qualcuno che si sta allenando per cercare di battermi”.

Lo sport è ancora un gioco” (Erickson) con Paolo Crepaz. “La collana Ostacolo obliquo – spiega Crepaz. medico, grande esperto di sport e Vice presidente del CONI Trentino - è rivolta ad atleti, genitori, insegnanti, tecnici e operatori sportivi, mira ad avvicinare allo sport secondo una prospettiva equa e inclusiva. E' il simbolo di un’attività sportiva dove ogni persona, in base alle personali abilità, può sperimentare l’adeguatezza e il successo della propria azione”. Ma lo sport è davvero un gioco? Crepaz sottolinea che la pratica sportiva deve essere prima di tutto divertimento. E' un gioco organizzato che richiede delle regole precise. “E' importante però che questa esperienza sportiva – aggiunge Crepaz – superi il gioco. Alcuni sport si praticano, altri si giocano. Il calcio è diverso rispetto ad altre discipline, perchè il risultato non è mai scontato. Negli altri sport solitamente il più forte vince sempre”. Nello sport, la destinazione è diventata più importante del cammino? Perché chi arriva secondo è considerato perdente? L’errore, le sconfitte, sono alla base del successo? A queste e a molte altre domande risponde Paolo Crepaz nel volume, con l’aiuto di storie e di sportivi che hanno saputo vincere e perdere. Nessun bambino si presenta in palestra o in piscina con una richiesta del tipo: “Vorrei essere inserito in un efficace percorso educativo che mi permetta di sviluppare, in un contesto relazionale, le mie personali qualità fisiche, motorie e psicologiche”. La sua domanda è molto più semplice e diretta: “Posso giocare?”. Accanto a questa c’è un’altra domanda, per lo più implicita, carica di speranza, a volte di preoccupazione: quella dei genitori che avvicinano i figli al mondo dello sport per cercare di offrire loro un contesto formativo positivo. “Sta a chi offre l'esperienza sportiva - ribadisce Crepaz - trasformarla in un momento coinvolgente da non dimenticare. Per questo possiamo parlare di 'felicitatori' sociali. Per quanto riguarda invece il 'fair play', questo nasce proprio nello sport e ci permette di scoprire quanto sia importante il valore dell'avversario. Nel libro riporto molti casi di rivalità 'preziose'. Perchè il fallimento è la base del successo. Se riusciamo a cogliere che la crisi è un'opportunità, cogliamo la risorsa nello sport ma anche nella vita. Vincere aiuta, ma negli insuccessi, nelle crisi, troviamo le potenzialità per crescere. Viviamo in una cultura di vincenti e perdenti, ma non è così. Non possiamo perdere il valore e il significato del percorso”.

La partita della parità” (Erickson) con Lucia Castelli e Alessia Tuselli, richiama l’attenzione sul rapporto tra genere e sport focalizzandosi sui vissuti e le storie di donne diverse che hanno attraversato lo spazio sportivo, conseguendo risultati di particolare rilevanza e significato. Per fare dello sport un luogo aperto, slegato dai pregiudizi è necessario rimuovere gli ostacoli e i condizionamenti legati al genere, all’identità, all’orientamento sessuale, alla provenienza, all’etnia, alla condizione sociale e personale, all’età, alle opinioni, alle abilità. “Cerchiamo quindi di raccontare lo sport - continua Tuselli, che ha giocato a pallavolo - attraverso una prospettiva di genere. In realtà le porte non sono sempre aperte per tutti. Nato dall’intersezione di due prospettive, quella di genere e quella educativa, questo libro contiene un invito appassionato a fare dello sport un luogo aperto, slegato dai pregiudizi, e dell’educazione sportiva una parte irrinunciabile della formazione personale e collettiva, orientata al benessere psico-fisico, lungo tutto l’arco della vita. Anche al Festival dello sport le donne presenti non sono moltissime e rispecchiano i numeri dello sport nazionale”. Lucia Caselli aggiunge: “Sono una appassionata di sport ma prima ancora di gioco. Essendo nata sulla fine degli anni '50'. Ho avuto la fortuna di non avere social e internet. Ho giocato 4 ore al giorno, che è la media normale affinchè i nostri bambini possano diventare sani, autonomi. Vorrei che la percentuale attuale di donne nello sport, aumentasse presto. Ma come possiamo fare? Lo scoprirete leggendo il libro. Io sono oggi insegnante di educazione fisica, volevo vivere di sport. I nostri giovani iniziano con l'agonismo a 6 anni, mentre io ho iniziato a 14 e terminato a 42”. Il volume è quindi uno strumento rivolto a tutte quelle persone che, con ruoli differenti, incontrano e attraversano il mondo dello sport. È per coloro - donne e uomini - che si occupano di formazione, di educazione giovanile, di animare la vita sociale di una comunità.

(Cz)


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