Sabato, 24 Settembre 2022 - 18:56 Comunicato 2945

Calcio e atletica tra i libri di sport
L'oro di Desalu, i goal di Serena, Milanello e il giallo di Denis

Aneddoti, racconti e retroscena del centro sportivo più vincente del mondo, ma anche le scelte, i derby e gli scudetti di Serena un centravanti con la valigia. “Nel nome di Denis”, racconta invece la storia vera di Bergamini, il calciatore ucciso due volte. Mentre la magia in pista di Fausto Desalu, l’uomo che sussurra alle curve, è la storia del velocista capace di raccogliere il testimone da Jacobs per porgerlo a Tortu, il 6 agosto 2021
LIBRI DI SPORT MILANELLO, LA CASA DEL DIAVOLO - NEL NOME DI DENIS Nella foto: Massimo ARCIDIACONO, Pepe DI STEFANO, Gianluca DI MARZIO, Francesco CENITI Festival dello Sport Piazza Duomo Trento, 24 settembre 2022 [ Marco SIMONINI Archivio Ufficio Stampa Provincia autonoma di Trento]

“Veloce come il vento” con Francesco Ceniti (Baldini Castoldi) racconta le emozioni di una grande vittoria olimpica. La splendida avventura di Fausto Desalu ha richiamato l'attenzione di molti spettatori a Trento. Incontro iniziato in ritardo in piazza Duomo, a causa di una manifestazione in centro. Desalu, è molto legato anche al Trentino, terra che conosce bene. Lui, è il velocista capace di raccogliere il testimone da Jacobs per porgerlo a Tortu, il 6 agosto 2021 entra nella storia dello sport, conquistando nella staffetta italiana della 4×100, l’oro olimpico a Tokyo. Un risultato in cui non si osava neppure sperare: mai prima di allora, infatti, la squadra azzurra aveva raggiunto un simile risultato. Desalu conferma: “Ho sempre sperato di vincere una medaglia e alla fine il risultato è arrivato. All'inizio ero indeciso, ma poi ho pensato che il libro potesse essere un bell'esempio per i più giovani”. Il suo allenatore ricorda i primi passi accanto a Fausto, gli allenamenti e le sfide.

Fausto Desalu è nato a Mantova da genitori nigeriani, viene abbandonato dal padre quando non ha ancora tre anni, mentre la madre da sola si rimbocca le maniche. Ha trovato una famiglia, grazie ai due “nonni” adottivi che, con la loro dolce e assidua presenza, hanno offerto a Fausto e alla madre solidarietà, supporto e affetto. “Grazie alla mia famiglia sono cresciuto e sono la persona che sono adesso – conferma Desalu – a 18 anni sono entrato nelle Fiamme gialle e quindi ho iniziato ad aiutare economicamente anche mia madre, evitando così la partenza verso l'Inghilterra. Sono sempre stato molto legato alle mie radici, proprio mia madre mi ha sempre insegnato a rispettare le regole. La mia pazienza è stata ripagata”. Fausto il futuro se lo costruisce dentro la pista, scoperta per caso quando già sognava di diventare uno scrittore di fantascienza. E non si ferma neppure di fronte al fatto che i suoi record da juniores non sono omologabili. La vita di Desalu è anche la fotografia di una provincia italiana dove l’integrazione è nei fatti. La sua è una storia di grande forza e coraggio, di sentimenti autentici e di esemplare tenacia.

“Quando gareggia lui – sottolinea il suo allenatore Sebastian Bacchieri – mi emoziono. Io non ero a Tokio, ma ancora oggi mi vengono i brividi. Le caratteristiche le ha innate ma è anche un grande lavoratore in pista”. Ricordando invece la sua olimpiade, Desalu sottolinea: “In quel momento, cerchi di correre più che puoi, passando il testimone più veloce possibile, ma non hai tempo di pensare. Poi passi a sostenere chi è con te. Tutto è andato perfettamente. All'inizio volevamo raggiungere la finale, ma poi abbiamo pensato al bronzo che alla fine è diventato oro. Io sono un grande sognatore, stavolta si è realizzato”. E dopo le prossime vittorie cosa farà Desalu? “Per ora sto vivendo un grande sogno, ripeto, pensare che prima o poi può finire, mi fa stare male, meglio non pensarci”, conclude il campione. 

“I miei colpi di testa” (Baldini Castoldi) con Aldo Serena e Franco Vanni ci riporta ai derby e agli scudetti di un grande centravanti. Nato calcisticamente nel Montebelluna, nel 1978 esordisce in Serie A con l’Inter contro la Lazio e segna il suo primo goal. Da quel momento in poi, la sua carriera vive fasi alterne: dopo l’Inter, infatti, “scende” in Serie B prima col Como e poi col Bari, poi ritorna all’Inter nell’81, l’anno successivo e` al Milan, poi di nuovo all’Inter e, infine, nell’84 e` al Torino e nell’85 alla Juventus di Boniperti. “Oggi – spiega Serena - i ragazzi hanno una pressione enorme. Per questo spero che il mio libro possa trasmettere alcuni messaggi positivi legati al mondo dello sport. Non ho mai pensato di fare il calciatore. La mia è stata una infanzia difficile che mi ha forgiato. Ho sempre lavorato in fabbrica anche da piccolo e poi mi allenavo”.

A propositivo di riferimenti sportivi: “Gaetano Scirea è stato per me un grande campione – sottolinea l'ex calciatore - e una persona speciale. Nel libro raccontiamo anche il 1978 e i miei primi inizi all'Inter. Mia madre era preoccupata per quell'esordio a Milano: mi ha acquistato un borsello, una valigia, un vestito nuovo. Ma all'epoca, anche nel ristorante convenzionato con la squadra, non mancavano le restrizioni a tavola, con un menù che non poteva sforare dal prezzo concordato”. Grazie alla sua agilità e alla precisione dei suoi colpi di testa, Serena e` stato un giocatore che ha fatto la differenza. Tre scudetti vinti con tre squadre diverse. La convocazione in Nazionale. Tanti goal segnati, ma anche molti sbagliati, anche con la nazionale. Un vero e proprio bomber di razza.

“Sono cambiate enormemente oggi le cose per i calciatori e per le società – precisa Serena – soprattutto per quanto riguarda la cessione dei giocatori. Milano è da sempre nel mio cuore, ma anche la tifoseria del Toro mi ha adottato durante un derby. Il caso ha voluto che io facessi questa carriera e oggi sono qua a raccontarlo”. Nel 1994, Aldo Serena non abbandona pero` definitivamente la sua piu` grande passione. E infatti inaugura una seconda fase della sua vita, quella in cui veste i panni del telecronista per Mediaset. In questa biografia, genuina, schietta e venata di malinconica tenerezza, Aldo Serena si racconta per la prima volta e i proventi del suo libro saranno destinati in beneficenza. Campione nello sport, ma anche nella vita.

“Milanello la casa del diavolo” (Cairo) con Peppe Di Stefano, propone la storia di uno di quei posti che protegge il tempo. La leggenda della casa del Milan è fatta di racconti tramandati spontaneamente da una proprietà all’altra, da una squadra all’altra, da un allenatore all’altro, da una vita all’altra. Con il passare degli anni sono cambiate le persone, mai il luogo che le ospitava, mai i valori che riusciva a trasferire a chi passava di lì. Peppe Di Stefano ricorda il progetto iniziale di Milanello dalla prima idea fino ai giorni nostri, diventando con il tempo, uno dei centri sportivi più belli di sempre. Il giornalista Gianluca Di Marzio, che coordina la collana Cairo Sport, ha sottolineato inoltre la lungimiranza nella creazione di questo splendido quartier generale del Milan, anche se molti altri club italiani non hanno seguito l'esempio, quando invece all'estero è una normalità.

Così Milanello è diventata una scuola di comportamento, un luogo di culto. La casa e la “chiesa” del Diavolo. Più che un centro sportivo è una teca di ricordi custoditi con gelosia da tutti quelli che hanno avuto l’onore di entrarci, di viverlo nella sua quotidianità. Di Stefano ricorda la favola del fantasma di Milanello ma anche l'atmosfera che si respira giorno dopo giorno nel centro. Il centro racconta passione: gli scherzi di Oddo, le lacrime di Pirlo, la gioia per le vittorie e la delusione per le sconfitte. Milanello è fatto anche di attimi: le battute di Liedholm, gli spuntini in piena notte a crudo e champagne di Rocco e Rivera, le messe. Milanello racconta mode e manie: il golf, la gabbia di Sacchi, i pavoni reali, il cane Max. Milanello racconta le notti a terra di Van Basten e Weah ma anche la lumaca mangiata da Gattuso per scommessa. Ma il centro sportivo, diventa anche una casa: le feste di Natale del piccolo Paolo Maldini, i fiori e il verde, ma anche le storie di sigari, barbieri e visionari, promesse, grigliate, telefonate e superstizioni, incidenti, chiacchierate e tanti campioni del Milan.

“Nel nome di Denis” (Cairo) con Francesco Ceniti, racconta la storia del calciatore Bergamini. Ceniti ripercorre l’incredibile vicenda giudiziaria, durata oltre trent’anni, sino al momento in cui la verità è venuta a galla: Denis è stato ucciso. E dà voce a una famiglia che ha lottato tenacemente contro tutti finché non è riuscita a rendere giustizia. “Donato (Denis) Bergamini - racconta Ceniti - inizia il 18 novembre 1989: il suo corpo venne trovato esanime lungo la Statale 106, nei pressi del Castello di Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza. Era nel pieno di una carriera in ascesa – all’epoca militava nelle fila del Cosenza (in Serie B) e aveva già un accordo per passare a fine campionato in una squadra di A -, ma la sua vita venne interrotta bruscamente a soli 27 anni da quello che gli inquirenti di allora archiviarono come suicidio. Un verdetto - spiega Ceniti - fondato soltanto sulle testimonianze della ex fidanzata di Denis e di un camionista che sosteneva che il ragazzo si fosse gettato all’improvviso sotto al suo autocarro, ignorando tutte le altre prove contrarie”.

Una ricostruzione dei fatti che non ha mai convinto né la famiglia né gli amici. “Oggi il caso si riapre – conclude Ceniti - e si scopre grazie a nuove analisi, che la morte sarebbe dovuta ad un soffocamento. Solo dopo sarebbe stato travolto da un camion. Chi siano gli assassini però, ancora non lo sappiamo. Il processo dovrebbe terminare entro l'anno”. In questo libro, che si legge tutto d’un fiato come un giallo ed emoziona come un romanzo, Ceniti ripercorre l’incredibile vicenda giudiziaria, durata oltre trent’anni.

(Cz)


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