Testimonianze molto forti, esperienze molto dure e spesso poco documentate dagli stessi media, quelle che si sono ascoltate nel corso della quarta giornata della manifestazione "Sulle rotte del mondo". Il tradizionale incontro pubblico - moderato ieri da Pierangelo Giovanetti, direttore de L'Adige - si è aperto con la presentazione, da parte di Anna Dalprà, di un'iniziativa del Santa Chiara che si terrà il prossimo 16 novembre, dedicata alle problematiche dei pazienti stranieri in dialisi peritoneale. Verranno affrontati i problemi "tipici" che si pongono nel rapporto medico-paziente quanto il secondo è straniero: quelli di natura linguistica ma anche quelli culturali e relazionali, nella consapevolezza di quanto sia importante creare un clima di fiducia per avviare un rapporto favorevole e proficuo per entrambi.
Il dottor Roberto Bonmassari, cardiologo, ha illustrato invece un progetto per la formazione in Zimbabwe di personale specializzato, partito un anno fa. L'impulso era arrivato da un altro medico trentino, Carlo Spagnolli, che nel paese dell'Africa australe ha aperto l'ospedale missionario di Mutoko. In Zimbabwe c'è una carenza gravissima nel settore del trattamento delle cardiopatie (lo stesso Spagnolli ne ha fatte le spese lo scorso anno, quando è stato colpito da una crisi cardiaca che ha potuto affrontare solo rientrando in Italia). Nessun ospedale del Paese, che conta 11 milioni di abitanti, ha una unità di terapia intensiva per curare i pazienti infartuati. Grazie al supporto degli ospedali di Trento e Rovereto, nonché di Lifeline Dolomites e della Provincia, si sta creando una prima unità di crisi, presso un un ospedale pubblico. C'è bisogno ovviamente di attrezzature e macchinari, che arriveranno entro la fine dell'anno, ma anche e soprattutto di personale locale che sappia adoperarli. Un medico e due infermieri dello Zimbabwe verranno in Trentino a breve per la formazione. Poi a gennaio si avvierà l'unità di crisi.
E' stata poi la volta delle due testimonianze più "dure": la prima, quella di padre Mario Benedetti, missionario comboniano di Segonzano in Sud Sudan. Da alcuni anni padre Benedetti vive in un campo profughi sudanese, dove hanno trovato rifugio 3.000 persone di etnia Azande in fuga dalle incursioni e dalle violenze dello Lra, il cosiddetto "Esercito di liberazione del Signore", una formazione ribelle che opera nel nord dell'Uganda e nel vicino Congo, rapendo i bambini e trasformandoli in soldati. Lo Lra ha distrutto fra l'altro la missione in cui operava in precedenza padre Benedetti. Come vivono questi profughi? Assistiti da ONU e Caritas, la loro condizione di vita è comunque molto precaria e difficile, in particolare sotto il profilo sanitario. Si consideri fra l'altro che i campi profughi sono stati allestiti in Sud Sudan, paese non certo ricco, a lungo devastato a sua volta dalla guerra e divenuto solo due anni fa il più "recente" stato indipendente dell'Africa.
La seconda testimonianza è stata quella di Alganesh Fessaha, che da vent'anni non torna nel suo Paese, l'Eritrea, perché inserita nella lista degli "indesiderati" compilata dal regime. Dalla Fessaha è venuto innanzitutto un grande ringraziamento al Trentino per avere contribuito a liberare 420 persone, in gran parte dalle carceri egiziane (in particolare gestendo la fase del loro trasferimento dalla scarcerazione al campo di accoglienza Onu in Etiopia). Si tratta di migranti clandestini che fuggono dall'Eritrea e, nell'attraversare il deserto per raggiungere le sponde del Mediterraneo, vengono spesso rapiti dai mercanti di uomini - e di organi - oppure imprigionati dalle stesse autorità dei paesi che attraversano. E' questa una nuova forma di schiavismo, che a volte non risparmia nemmeno i campi profughi, oggetto di incursioni dei mercanti di schiavi, i quali arrivano poi a chiedere fino a 50.000 dollari alle famiglie per riavere i loro congiunti. "Migliaia di persone muoiono nel deserto, abbandonate dai beduini - ha detto la relatrice - perché non ce la fanno. Abbiamo trovato corpi a cui mancavano gli organi. In Egitto, in particolare nel deserto del Sinai, la situazione è difficilissima. A quanto ci risulta attualmente in mano ai beduini ci sono 180 persone. Poi ci sono coloro che vengono arrestati e incarcerati dall'esercito egiziano. Non è diversa la sorte di quelli che riescono a raggiungere Israele. Ci sono circa 50.000 migranti africani nel paese, e solo a 300 di essi è stato riconosciuto lo status di profughi, gli altri sono classificati come 'infiltrati', vengono incarcerati e poi rispediti nei paesi di origine. Di quelli che vengono rispediti in Eritrea o in Sudan poi spesso non si sa più nulla".
Paulo Lima, "educomunicatore" che coordina i gruppi giovani che in questi giorni si incontrano per discutere le tematiche di questa edizione delle Rotte, ha introdotto infine Dinka Amorim, originario dell'arcipelago di Sao Tome e Principe, nel Golfo di Guinea, che sta portando avanti a Lisbona in progetto per la prevenzione dell'aids rivolto ai migranti (in Portogallo è molto forte soprattutto la presenza di cittadini provenienti dalle ex-colonie di Mozambico, Angola e Guinea Bissau).
Questo pomeriggio alle ore 17 nella sala Belli della Provincia l'ultimo incontro di questa edizione, dedicato al tema "le grandi epidemie". E stasera alle 20.30 all'auditorium Santa Chiara la serata di chiusura con la Corale Altreterre e il saluto del Trentino ai missionari, ai volontari, agli esperti che hanno animato queste giornate.
Immagini a cura dell'ufficio stampa.
Informazioni: www.missionetrentino.it -