Venerdì, 27 Ottobre 2023 - 09:51 Comunicato 3080

A 5 anni dalla tempesta e a 4 dalla proliferazione del parassita, il punto sulle attività di rigenerazione forestale. Val Calamento, viaggio nel “cantiere” con 4mila nuove piante
Oltre Vaia e il bostrico, dove nasce il bosco del futuro

La rinascita oltre le ferite. Le foreste trentine fanno i conti con i traumi e i cambiamenti climatici. Da una parte ci sono le tracce della devastazione. Dall’altra i segni della “riconquista” del bosco, grazie all’importante opera di ripristino portata avanti dalla Provincia e coordinata dall’assessorato all’agricoltura, foreste, caccia e pesca. Un’attività che si traduce in 400.000 nuove piantine l’anno, per 250 ettari rinnovati ogni 12 mesi, nel totale del territorio provinciale.
Per vedere da vicino e fare il punto della situazione, a 5 anni da Vaia e a 4 anni dalla diffusione del parassita - destinato nelle previsioni a fare più danni della tempesta -, siamo andati nel “cantiere” forestale in val Calamento in Valsugana, per la precisione in località Marolo-Salton, sulla sinistra orografica del torrente Maso. Lì gli operai dei Servizi forestali della Provincia sotto la supervisione del Corpo forestale si inerpicano lungo i ripidi versanti per “seminare” le nuove piantine. Un’impresa tenace, costante, con la quale l’uomo aiuta la natura e accelera la riconquista del bosco. Un riconsolidamento rilevante anche per la protezione dalle slavine e la tutela idrogeologica.
[ Archivio Ufficio Stampa PAT]

Cinque anni di emergenze, il punto
Salendo dalla strada forestale Marolo-Tremenaga che parte dopo il ponte Salton, a metà val Calamento, rimessa in sicurezza dopo i danni di Vaia, abbiamo l’occasione per una panoramica a livello provinciale. Siamo con il comandante della forestale Giovanni Giovannini, il capitano Caterina Gagliano, Renzo Deville e Marco Olivari, rispettivamente comandante della stazione forestale e direttore dell’ufficio distrettuale forestale di Borgo Valsugana.

Come è noto, sui boschi già indeboliti da Vaia si è innestata l’infestazione fitosanitaria. Mentre la tempesta scaturita nei tre giorni di fine ottobre del 2018 ha prodotto 20mila ettari di foresta distrutta e schianti di legname per oltre 4 milioni di metri cubi, il bostrico che si è diffuso a partire dall’anno successivo è arrivato rispettivamente a quota 10mila ettari e 2 milioni di metri cubi. Quindi ha già fatto la metà dei danni, ma secondo gli esperti della Provincia finirà per superare Vaia.

Tuttavia, la riconquista procede. In Trentino come detto vengono piantate 400.000 nuove piantine l’anno, per 250 ettari. Sono boschi “nuovi”, anche sotto il profilo delle loro caratteristiche, destinati ad adattarsi meglio ai cambiamenti futuri.

Rigenerazione
Arriviamo nella zona del cantiere forestale, tra quota 1.210 e 1.360 metri. Un’area di di 3,4 ettari prima coperta da piante colpite dal bostrico. Sul versante scosceso, in cui occorre fare attenzione a dove si mettono i piedi per i detriti e i rami spezzati, gli operai Filippo Molinari e Andrea Ferrari stanno collocando nel terreno i piccoli larici, alti meno di mezzo metro. Fanno parte dei 130 operai forestali assunti dalla Provincia per i lavori di ripristino in tutto il Trentino. Nel lotto con i loro colleghi, coordinati dal responsabile Stefano Nones, hanno quasi completato il lavoro. Ci sono 5.900 nuove piantine, di cui 3.700 di larice, 1.700 di faggio, 500 di acero e 50 di sorbo dell’uccellatore. Per chi non lo sapesse, sono piante autoctone dei nostri boschi, che si prestano al processo di rinnovazione delle foreste, che coniuga la mano dell’uomo alla spinta della natura.

Il bosco del futuro
Aceri, tigli, castagni, faggi, sorbi, pioppi, salici, assieme alle conifere ma in maniera non così diffusa come in passato. Più latifoglie e biodiversità per il bosco del futuro, che piano piano sostituirà la “classica” foresta di abeti e pini. Perché quello che conosciamo tutti è in realtà il bosco dell’Ottocento, composto da alberi in gran parte nati due secoli fa.

Siamo saliti lungo la forestale ad una quota maggiore e il colonnello Giovannini ci spiega qual è il processo in atto: “Il problema del bosco del futuro - afferma il comandante - ce lo stiamo ponendo tutti come amministrazioni forestali sulle Alpi. Per questo abbiamo promosso in collaborazione con gli altri partner coinvolti il progetto denominato ‘Klimafitter Baumarten für Bergwälder der ARGE Alp Region - Specie arboree clima intelligenti per i boschi sul territorio Arge Alp’. L’obiettivo è pensare un bosco che dovrà resistere non solo al cambiamento climatico per come lo conosciamo ma al cambio complessivo delle condizioni ecologiche delle montagne alpine. Più latifoglie, maggiore biodiversità e una diversa distribuzione strutturale, con un incremento degli spazi aperti, saranno elementi fondamentali per affrontare un clima che fra cento anni sarà completamente differente”.

C’è poi un fenomeno evidente, lo spostamento verso l’alto delle specie vegetali che caratterizzano le nostre foreste. “L’aumento della temperatura cambia le condizioni stazionarie delle piante. Le latifoglie, in particolare faggio acero, tiglio, castagno, pioppo e salice si stanno spostando verso l’alto, anche di 5-600 metri di quota. Un innalzamento medio che riguarda anche il limite altitudinale del bosco stesso, ora sopra i 2.000 metri”, conclude Giovannini.

Interviste, immagini e service a cura dell’Ufficio stampa

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(sv)


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