
A seguito del crollo, le ispezioni avevano messo in evidenza come le problematiche strutturali e conservative della cinta muraria del castello - simili a quelle del tratto occidentale crollato - fossero dovute a diversi fattori, tra cui la tecnica costruttiva medievale, la morfologia del sito e i fenomeni di degrado. In particolare, i sondaggi avevano confermato che il tratto ceduto non era fondato direttamente sulla roccia, ma su un avvallamento dove si convogliavano le acque meteoriche superficiali.
Nel 2018 erano stati effettuati interventi di somma urgenza finanziati dalla Provincia Autonoma di Trento per migliorare la stabilità delle cinte murarie superstiti. Nel frattempo, la Soprintendenza aveva avviato uno studio approfondito per definire le modalità di restauro definitivo. Il progetto, coordinato dall'Università degli Studi di Trento con la professoressa Alessandra Quendolo in collaborazione con l'architetto Cinzia D'agostino della Soprintendenza, ha previsto un'indagine stratigrafica costruttiva per identificare le diverse fasi storiche della cinta muraria e ha portato alla definizione di linee guida per il restauro.
Lo studio ha anche affrontato la questione della "grande lacuna", causata dal crollo, proponendo diverse modalità di intervento per la sua integrazione. Tra le opzioni valutate, quella che ha ricevuto il maggiore consenso è stata la ricostruzione del tratto crollato utilizzando le pietre recuperate sul terreno. Questo approccio, definito "risarcire la ferita", è stato scelto per mantenere l'affinità cromatico-tessiturale tra i due tratti superstiti della muratura. La soluzione approvata è apparsa come la più idonea sia per mantenere l'affinità cromatico-tessiturale della muratura, sia per le esigenze di consolidamento dei tratti di cinta superstite.
Questa soluzione ha l’obiettivo di ricostruire l’aspetto originario della cinta, salvaguardando al contempo l'integrità storica e strutturale del castello. La ricostruzione, che coinvolgerà il recupero delle pietre crollate, sarà anche fondamentale per restituire al maniero il suo carattere iconico e la valenza simbolica per la comunità di Drena e per l'intera valle della Sarca.
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