Domenica, 25 Settembre 2022 - 12:08 Comunicato 2955

Bebe Vio e i suoi “fratelli”: “Lo sport ci rende tutti uguali”

Il “ciclone” di energia e simpatia che risponde al nome di Bebe Vio si è “abbattuto” sul Festival dello Sport. La campionessa paralimpica, mondiale ed europea di scherma ha riempito la sala Falconetto di Palazzo Geremia, a Trento, assieme agli altri tre atleti dell’associazione Art4Sport Riccardo Bagaini, Lorenzo Marcantognini e Alessandro Sbuelz per reclamizzare WEmbrace Sport, la kermesse da lei organizzata per “togliere il prefisso para dal nostro sport”: l’obiettivo di Beatrice è appunto l’inclusione, perché il 10 ottobre all’Allianz Cloud di Milano lei e i suoi colleghi saranno in campo assieme a grandi personaggi dello sport che chiamare “normodotati” a questo punto pare addirittura antipatico. Le storie di Bebe, Riccardo, Lorenzo e Alessandro hanno dimostrato, infatti, come lo sport possa rendere normale la diversità.
BEBE VIO, LO SPORT IN UN ABBRACCIO Nella foto: Alessandro SBUELZ, Lorenzo MARCANTOGNINI, Riccardo BAGAINI, Bebe VIO, Claudio ARRIGONI Festival dello Sport Palazzo Geremia Trento, 25 settembre 2022 [ Archivio Ufficio Stampa Provincia autonoma di Trento]

La straordinaria energia di Bebe Vio riempie (di appassionati) ed infiamma sala Falconetto di Palazzo Geremia. Al Festival dello Sport per promuovere la seconda edizione della sua kermesse WEmbrace Sport, da lei organizzata a Milano (Allianz Cloud, 10 ottobre), l’icona del movimento paralimpico italiano ha colto l’occasione per perseguire il suo obiettivo più importante, quello dell’inclusione: “Per togliere il prefisso para davanti al nostro sport, perché lo sport è quella cosa che ci fa stare bene, noi siamo persone felici grazie allo sport. La figata è che quando una persona fa sport non si sono differenze. Lo sport porta la diversità ad essere normalità”.

E il senso di WEmbrace Sport è proprio questo. È la sfida tra due squadre – in questa occasione Italia a Resto del Mondo – in quattro discipline (scherma, calcio per amputati, basket in carrozzina e sitting volley). In campo assieme a Bebe ed agli altri atleti di Art4Sport (l’associazione che fornisce ai ragazzi diversamente abili gli ausili per poter praticare il loro sport preferito) tanti campioni “normodotati”, termine che a questo punto suona quasi inappropriato. Perché, come hanno spiegato a Palazzo Geremia il conduttore radiofonico e televisivo Gianluca Gazzoli e il giornalista Claudio Arrigoni, quando si gioca a pallone con le stampelle o a basket su una sedia a rotelle, la fatica è uguale per tutti. “Ci si diverte, ci si mena di brutto e questa è la forma d’inclusione più bella”, ha detto Gazzoli.

Sul palco, assieme alla venticinquenne veneziana campionessa paralimpica, mondiale ed europea di fioretto, sono saliti l’atleta piemontese Riccardo Bagaini (protesi all’avambraccio sinistro), l’atleta e calciatore marchigiano primatista mondiale dei 400 metri T63 Lorenzo Marcantognini e il cestista laziale Alessandro Sbuelz (entrambi amputati sopra il ginocchio). Il rischio che fossero “oscurati” dall’immagine potentissima, mediaticamente inarrivabile della schermitrice paralimpica più forte e famosa del mondo è stato scongiurato dalle loro straordinarie storie. A colpire, in particolare, è stata quella di Alessandro Sbuelz, che a basket giocava già prima dell’amputazione, subita nel 2019. “L’incidente che me l’ha provocata è avvenuto proprio mentre tornavo da un allenamento – ha raccontato ad una platea conquistata e attentissima – Due settimane dopo, in ospedale, ho provato a giocare in carrozzina e non mi sono più fermato”. Alessandro e Lorenzo hanno tenuto banco con le loro gag, Marcantognini è stato protagonista di ripetuti siparietti con Bebe, ha scherzato anche sul fatto di essere primatista mondiale dei 400 senza essere riuscito a qualificarsi per le Paralimpiadi di Tokyo, ma ha trasmesso anche messaggi importanti: “Per Parigi punto sui 100 metri, ma il prossimo obiettivo sono gli ormai prossimi Mondiali di calcio per amputati di Istanbul, la Nazionale di Mancini non si è qualificata per il Qatar, noi invece ce l’abbiamo fatta e quindi dovete per forza tifare per noi. Scherzi a parte, lo sport mi ha aiutato tanto a darmi nuovi obiettivi, lo sport mi dà tutto quello di cui ho bisogno, la voglia di combattere”. Un po’ meno ridanciano l’approccio di Riccardo Bagaini, lo studioso del gruppo: “Sono nato senza un avambraccio, giocavo a calcio ma poi mi sono stufato, alle medie ho scoperto l’atletica. Dopo tre medaglie agli Europei non sono riuscito a qualificarmi a Tokyo, ma WEmbrace mi ha fatto capire quanto dev’essere bello l’ambiente delle Paralimpiadi”.

L’obiettivo di Bebe, Riccardo, Lorenzo e Alessandro sono appunto i Giochi paralimpici (pardon, olimpici) di Parigi. Quanto conti la manifestazione, nella vita di un’atleta, lo ha spiegato infine Bebe Vio: “A Londra 2012 sono andata a lavorare è lì mi sono innamorata delle Paralimpiadi, anche perché quell’edizione è stata quella della svolta per il nostro movimento. Rio 2016 è stata la prima volta, ovviamente era tutto fantastico, Tokyo è stata un po’ più faticosa perché venivo da una fase difficile, ma comunque bellissima. Io parlo spesso della mensa paralimpica perché è un cinema: vedi quelli che mangiano con i piedi e ti chiedi come sia possibile, ma se provi ad aiutarli ti senti stupida perché sono abilissimi”.

La seconda edizione di Wembrace Sport, il 10 ottobre all’Allianz Cloud di Milano, sarà appunto l’occasione per scoprire la straordinaria normalità di Bebe Vio e dei suoi “fratelli”: campioni dello sport, senza prefissi.

(mdg)


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