Il presidente della Fondazione, vicepresidente della Provincia autonoma di Trento, è salito al Rifugio Cava Buscada nel contesto della rassegna "Incontri d'Alt(r)a Quota" che la Fondazione UNESCO predispone da quattro anni. Questa quarta edizione, contrassegnata dagli effetti dell'emergenza sanitaria, ha visto l'organizzazione di un solo appuntamento, in provincia di Pordenone al Rifugio Cava Buscada, appunto. Il presidente dopo aver ascoltato la testimonianza di Roberta Calliari, rifugista, ha voluto portare a lei e al marito non solo il saluto ma anche un sentito ringraziamento a quanto fanno loro e gli altri rifugisti delle Dolomiti UNESCO: "Se riusciremo a far vivere la montagna anche in futuro con delle politiche attente, sensibili garantendo servizio lo faremo non solo per la montagna ma anche per la pianura. Credo che questo debba essere il nostro impegno, di chi fa politica e la Fondazione Dolomiti UNESCO quotidianamente garantisce e cerca di supportare questi territori per garantire futuro", ha evidenziato il presidente.
Una trentina di persone ha voluto partecipare all'escursione che si è svolta rispettando, naturalmente, tutte le normative anti Covid. L'iniziativa prevedeva la salita al Rifugio, circa 600 metri di dislivello in assoluta sicurezza, accompagnati dai geologi Riccardo Tomasoni del MuSe, referente del Museo geologico delle Dolomiti di Predazzo, da Antonio Cossuta geologo del Parco Dolomiti Friulane e della guida di mezza montagna Lucia Montefiori. Una formula, quella adottata dalla Fondazione Dolomiti UNESCO, che incontra il favore del pubblico, tant'è che alcune persone si sono fidelizzate fin dalla prima edizione di "Incontri d'Alt(r)a Quota". L'escursione, dopo una sosta al Rifugio, è continuata verso quella che fino al 1994, per oltre 40 anni, era una cava di pietra che dava lavoro agli abitanti di Erto e dei dintorni di Longarone. La testimonianza di uno dei figli di cavatori, già sindaco di Erto e presidente del Parco Dolomiti Friulane, ha reso ancora più viva la memoria di quel duro lavoro: 25 persone si alternavano in turni massacranti per estrarre dalla montagna la pietra, squadrarla in grandi blocchi da far arrivare nei pressi di Erto (tramite la "lizza" ripidissima corsia a un solo binario per coprire un dislivello di oltre 500 metri) per essere poi trasportata a Massa Carrara.