Venerdì, 24 Maggio 2024 - 13:21 Comunicato 1249

Transizione verde: servono soluzioni sostenibili e socialmente tollerabili

Nessun passo indietro sulla transizione verde, ma per renderla davvero effettiva, servono risorse e tempi adeguati per realizzarla. Perché la sostenibilità ambientale va affrontata da un punto di vista sostanziale, scientifico e non ideologico. Antonio D’Amato, presidente di Seda International Packaging Group e della Fondazione Mezzogiorno, vede con chiarezza i rischi di una transizione verde nata sull’onda dell’ideologia ambientalista, che può impattare fortemente sul sistema economico industriale europeo e sulla stabilità sociale. Gli fa eco Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa San Paolo, nella sala della Filarmonica, in apertura della seconda giornata del Festival dell’economia di Trento, evidenziando come le soluzioni proposte dal Green deal debbano essere sostenibili e socialmente tollerabili.
Festival dell'Economia La transizione verde e l'economia industriale europea Nella foto: Antonio D'Amato; Adriana Cerretelli; Gian Maria Gros-Pietro e pubblico in sala [ Martina Massetti - Archivio Ufficio Stampa PAT]

La transizione verde – il pacchetto di iniziative che traccia le nuove politiche UE in materia di clima, trasporti, energia e fiscalità  - appare una riforma nata senza una vera e approfondita valutazione generale di impatto (in termini di costi e benefici) sull’economia industriale europea,  che oggi si vede competere ad armi impari, costretta dall’iper regolamentazione, con colossi liberi da qualsiasi vincolo ambientale. Con conseguenti possibili impatti disastrosi come la deindustrializzazione e la delocalizzazione.

"Questi cinque anni di transizione verde  – ha dichiarato Antonio D’Amato – sono stati pesanti per l’intero sistema economico industriale europeo e hanno segnato la stabilità sociale dei nostri Paesi, che hanno accentuato una polarizzazione verso l’estremo in molti contesti politici". Ma chiaramente la transizione verde è un processo faticoso a cui non si può e non si deve rinunciare, seppur con alcuni necessari cambi di rotta, definendo risorse e garantendo tempi adeguati per realizzarla: "Ho da sempre una cultura di impresa sostenibile – ha sottolineato D’Amato – e con la nostra azienda siamo leader mondiale sul fronte della sostenibilità, ma la transizione verde è una questione da affrontare da un punto di vista sostanziale, scientifico, tecnologico e non ideologico. Dobbiamo recuperare capacità di impresa e sviluppo, attraverso nuove strategie industriali". La strada tracciata da D’amato per l’industria europea prevede di "rafforzare le nostre competenze, recuperare il primato tecnologico e industriale ed esportare le buone pratiche". Un esempio? L’economia circolare.

In tutto questo, quale può essere il ruolo delle banche? "La soluzione ad un problema complesso – ha evidenziato Gian Maria Gros-Pietro – è per forza di cose complessa, laddove molti fattori devono convergere. Sostenibilità e tollerabilità sociale sono però elementi fondamentali per ottenere un qualche risultato". Così come lo sono le nuove tecnologie e la scienza, strumenti imprescindibili. "La transizione verde è un problema che va risolto a livello mondiale. Le banche – ha evidenziato Gross-Pietro – possono fare tanto nei coinvolgere governi e le istituzioni nella direzione giusta". Chiaramente esiste una “questione finanziaria”, ovvero i 500/1000 miliardi di euro l’anno necessari. "L’Ue è in grado di produrre queste risorse immense, ma in un contesto democratico l’Europa deve mettersi d’accordo su come utilizzarle al meglio".

(vt)


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