Venerdì, 04 Maggio 2018 - 12:01 Comunicato 925

Ieri pomeriggio al Consorzio dei Comuni l’incontro con sindaci, assessore Daldoss e il presidente
Rossi: “Grazie alle fusioni abbiamo Comuni ancora più vicini al cittadino”

La fusione tra due o più Comuni non si esaurisce con la somma dei cittadini ma porta con sé un processo di riorganizzazione, a volte non banale, il cui risultato finale si traduce in economie di scala e servizi migliori verso i cittadini. L’evidenza arriva dall’esperienza dei 27 nuovi comuni, già costituiti o che si costituiranno entro il 2020 a seguito di processi di fusione tra precedenti amministrazioni, con una riduzione di 57 comuni rispetto al 2009 e, solo nell'ultima legislatura, di ben 51 comuni . Nel pomeriggio di ieri ne hanno discusso presso la sede del Consorzio dei Comuni di via Torre Verde a Trento, amministratori e sindaci con il presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi e l’assessore alla coesione sociale e agli enti locali Carlo Daldoss. “L’obiettivo - come ha sottolineato il presidente del Consorzio, Paride Gianmoena - è di ottimizzare, grazie alla condivisione delle esperienze, le potenzialità offerte dai processi di fusione e di prevenire o affrontare le possibili difficoltà”. Dal canto suo il presidente Rossi ha ribadito l’attenzione della giunta provinciale verso i Comuni e gli enti locali: “Questa legislatura è stata l’occasione per riformare le Comunità di Valle e, poi anche su richiesta di amministratori e cittadini, abbiamo proseguito con la fusione dei Comuni. I risultati ci stanno dando ragione e confermano che le fusioni stanno migliorando l’operato dei Comuni. Si tratta di processi importanti per l’assetto di un Trentino moderno e in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini. Occasioni di confronto e dialogo, come questa di oggi, con voi amministratori sono essenziali per sviluppare i migliori processi e, se necessario, ottimizzare quelli esistenti”.

La frammentazione dei Comuni in Trentino ha evidenziato - a fronte dei nuovi e più ampi compiti - la difficoltà delle stesse amministrazioni ad acquisire le competenze amministrative e tecniche necessarie per fronteggiare le nuove attribuzioni, con il rischio di vanificare il principio di sussidiarietà. Nelle fusioni tra i Comuni è stata vista l’opportunità di avviare un processo di riorganizzazione più efficace dei servizi e delle risorse umane disponibili, consentendo inoltre di librare personale per la gestione delle nuove responsabilità. 

L’incontro è stata l’occasione per gli amministratori di confrontarsi sull’esperienza delle fusioni con il presidente Ugo Rossi e l’assessore provinciale Carlo Daldoss. “A breve - ha assicurato Rossi - incontreremo anche i sindaci dei Comuni con le gestioni associate, così da garantire a tutti un momento di riflessione e di dibattito costruttivo”. 

Fino al 2014, il Trentino contava 217 comuni, dei quali soltanto 15 con una popolazione superiore ai 5 mila abitanti: la soglia e una dimensione, geografica e demografica, minima per realizzare politiche pubbliche efficaci, ma che nel contempo garantisce l’economicità dell’azione amministrativa. 

Per dare attuazione al principio di adeguatezza nello svolgimento delle funzioni amministrative da parte degli enti locali, la Provincia ha così introdotto una serie di norme per favorire l’aggregazione di Comuni, fondate sull’associazionismo. Il ricorso alle forme di cooperazione intercomunale - realizzate per fusione tra amministrazioni o attraverso la formula delle gestioni associate - rappresentano ancora oggi per i piccoli Comuni le uniche vie percorribili per la realizzazione di economie di scala e per la gestione di servizi e funzioni in modo più efficiente ed economico rispetto al passato. 

Il processo di riorganizzazione complessiva degli enti locali ha infatti come obiettivo principale la revisione della struttura organizzativa e istituzionale dei comuni al fine di migliorare la gestione dei servizi a favore dei cittadini. Ad esso si somma anche la razionalizzazione e il contenimento della spesa pubblica, riferita in particolare alle spese di funzionamento dei comuni. 

“L’obiettivo - ha ricordato l’assessore provinciale Carlo Daldoss - è di dare vita ad un riordino territoriale non imposto ma scelto e condiviso, agevolando lo sviluppo volontario di forme avanziate di integrazione tra amministrazioni comunali non solo per un esercizio efficace ed efficiente delle funzioni, ma per rispondere all’esigenza di adeguatezza, anche dimensionale dei singoli comuni”. 

Benefici delle fusioni 

In via prioritaria la fusione comporta la semplificazione sia dei processi decisionali (livello politico) sia dell’organizzazione e della gestione. 

Un’altra conseguenza è la riduzione del numero di cariche istituzionali e quindi dei costi della politica, così come la fusione garantisce la progressiva semplificazione organizzativa e gestionale (si passa infatti ad un unico bilancio e ad un unico regolamento per materia). La creazione di un unico comune crea le condizioni per il conseguimento di un maggiore “peso” negoziale in favore dei futuri amministratori nei rapporti con altri enti (Comunità, Provincia ecc.). 

Incentivi per la fusione dei Comuni 

Le modifiche introdotte alla legge provinciale di riforma istituzionale (Legge provinciale n. 12 del 2014) hanno consentito la riorganizzazione a livello intercomunale dei servizi comunali (fusioni e gestioni associate). 

Per promuovere i processi di fusione dei comuni la Provincia, anche in collaborazione con la Regione, ha individuato una serie di strumenti di incentivazione. 

Tra questi rientrano l’accesso ai benefici finanziari previsti dall’ordinamento regionale da parte dei Comuni nati a seguito dei processi di fusione (contributi annuali e una tantum per le spese di avvio); e la riduzione del quorum necessario per la validità delle consultazioni referendarie relative alle fusione dei comuni dal 50 al 40 per cento degli aventi diritto al voto. 

Ai Comuni che avviano processi di fusione è concessa la deroga all’obbligo di gestione associata. Nel caso il percorso di fusione non sia approvato dalla relativa consultazione referendaria, ai Comuni viene esteso l’obbligo di gestione associata; 

Sempre ai comuni che attivano i processi di fusioni non vengono applicate le misure di penalizzazione finanziaria previste in materia di finanza locale ovvero la riduzione annuale dei trasferimenti di parte corrente. 

In taluni casi sono previste agevolazioni in materia di personale con l’individuazione di specifiche deroghe al divieto di assunzione (la possibilità di assunzione di due unità di personale di cui una di ruolo). 

La situazione attuale 

La strategia così delineata ha consentito di ridurre in modo significativo e in pochi anni il numero dei comuni, superando la precedente polverizzazione. 

Fino al 2009 i Comuni trentini erano infatti 223 (nel 2014 erano 2017), da allora molte amministrazioni comunali hanno completato positivamente, dopo referendum democratico, il processo di fusione, con una riduzione complessiva dal 2009 di ben 57 comuni (-25,6%) e, solo nel corso dell’ultima legislatura (2014), di ben 51 comuni. 

Dal 1° gennaio 2018 i comuni trentini sono infatti 176 che diventeranno 166 dal 1° gennaio 2020. 

“Il processo di semplificazione amministrativa - ha sottolineato l’assessore Daldoss - è partito dal basso ed è sostenuto anche dalla maggioranza dei trentini. Questo dimostra che il processo, pressoché unico nel panorama nazionale, è sentito sia dai cittadini che dalle comunità, e conferma quanto sia reattiva la nostra Autonomia e la capacità di saper guardare alle sfide del futuro con lungimiranza”. 

(pff)


Immagini