“Essere qui oggi a ricordare Beniamino Andreatta ha un valore particolare, è stata una figura determinante per l’economia e la politica nazionale, molto legato al Trentino” esordisce il direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini che affida ai presenti il suo racconto inedito. “Ricordo quando negli anni Ottanta, da giovane giornalista, andavo a intervistarlo. Ogni volta ne uscivo distrutto. Era lui a fare le domande, non il contrario. Poi ho compreso: era una sua abitudine, fare scouting. Lo faceva per dare possibilità ai giovani, una cosa che pochi fanno”.
Le testimonianze proseguono con Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo. Un’analisi che però si rivolge anche “all’ordine e disordine” contemporaneo, sul quale Andreatta avrebbe oggi molto da dire. “Il dialogo è certamente l’unica soluzione per uscire dal disordine e entrare in un nuovo ordine” è il messaggio del presidente emerito di Banca Intesa, che di Andreatta ricorda la concezione alta, di grande respiro dell’impegno politico, inteso come responsabilità di scelte, come ricerca di soluzioni nell’interesse della comunità. L’ancoraggio fieramente democratico e la laicità.
“Andreatta - prende la parola Alberto Faustini, direttore del quotidiano l’Adige - ha fatto tante cose assieme a tanti trentini e per i trentini, magari in modo invisibile. E viene ricordato, fra le altre cose, anche con un’aula dell’università di Trento”.
“È stato infatti uno dei grandi padri dell’università di Trento” interviene il rettore di UniTrento Flavio Deflorian. “Ma è stato anche uno dei grandi padri dell’università in Italia, non solo in Trentino. Il suo messaggio è sempre valido: il sapere, lo studio, la formazione sono una delle chiavi per uscire dal disordine. Non si è mai liberi quando non si sa, la libertà è figlia della conoscenza che passa dalla scuola e dalle istituzioni universitarie”.
Alberto Quadrio Curzio, presidente emerito dell’Accademia dei Lincei e docente emerito di politica economica alla Cattolica, valorizza l’Andreatta accademico e docente universitario. Il rapporto con gli studenti, il piacere del confronto, “la sua bella personalità che tutti credo debbano ricordare”.
Per Alberto Forchielli (Partner Fondatore Mindful Capital Partners), Andreatta è stato “uno dei ministri della Difesa più importanti nella storia italiana, capace di traghettare il comparto della sicurezza verso le grandi trasformazioni, come l’abolizione della leva e il passaggio al professionismo”.
Prende la parola Romano Prodi, che di Andreatta fu allievo in ateneo a Bologna: “Condivido quanto è stato detto e di Beniamino volevo ricordare in particolare lo stile, da professore di una volta. Sapeva valorizzare le persone, scoprendo le loro capacità, e aveva un’apertura intellettuale straordinaria, che gli permetteva di costruire soluzioni originali ed efficaci. L’ha dimostrato anche da ministro della difesa cambiando il modello organizzativo delle forze armate”. L’amore per Trento, prosegue, l’economista ed ex premier, “gli è sempre rimasto: come l’attaccamento ad una comunità che partecipa a diverse culture, a diversi mondi. L’università per lui era ponte tra mondo italiano e germanico”.