Sono questi i temi sottolineati anche dagli ospiti istituzionali presenti: Marco Morelli, sindaco di Pergine, soddisfatto per l'impegno della sua comunità sul fronte culturale, Andrea Fontanari, presidente della Comunità Alta Valsugana e Bersntol, che ha sottolineato il valore delle sinergie tra le diverse realtà operanti sul territorio, un concetto ribadito anche da Giorgio Vergot, presidente della Cassa Rurale Alta Valsugana. È stato Franco Senesi, presidente della Fondazione Cassa Rurale Alta Valsugana, a portare un ricordo personale che ha introdotto i temi della mostra, raccontando la sua esperienza giovanile di sciatore, una passione nata proprio sui pendii del castello di Pergine. Carmelo Anderle, presidente della Fondazione Castel Pergine ETS, promotrice dell'iniziativa espositiva, nel ringraziare quanti si sono prodigati per la buona riuscita del progetto, ha ricordato la mission culturale della Fondazione e l'impegno per conservare e valorizzare il bene culturale anche attraverso iniziative di questo tipo.
Annamaria Azzolini, curatrice della mostra con Silvia Spada, ha illustrato i molteplici temi trattati nel percorso espositivo partendo proprio dalle parole chiave espresse nel titolo: Neve e Ospitalità, quale connubio distintivo del Trentino, dagli inizi del Novecento fino ai giorni nostri.
La mostra prende avvio dalla raccolta di fotografie storiche messe a disposizione dal collezionista Mario Tomasi (1931), perginese di origine e bolzanino di adozione, dipanandosi in un racconto per immagini che permette di ricostruire l'avvio di una pratica pionieristica, nella quale ad essere protagoniste sono le Rive del Castel - allora abbondantemente innevate - insieme alla Panarotta. A Pergine come racconta Mario Tomasi nel video-intervista curato dal prof. Giorgio Daidola, tra i massimi esperti di storia dello sci e degli sport di montagna, i perginesi avevano imparato a sciare negli anni Venti dai reduci della Grande Guerra, che usavano gli sci quale mezzo di spostamento sulla neve.
È una pratica sportiva che viene documentata nella sezione che segue - allestita nella sala del principe - grazie alla presenza di vari esemplari di sci, ciaspole, ramponi, scarponi e anche slitte, ovvero di attrezzi che nati come strumenti da lavoro sono divenuti nel tempo oggetti da utilizzarsi per divertirsi sulla neve, come spiegano in un video di approfondimento Armando Tomasi, direttore del Museo Etnografico di San Michele all'Adige e Luca Faoro, conservatore del Mets.
Quindi non solo manufatti etnografici, ma anche opere d'arte collocate in stretta relazione con gli oggetti: i celebri scarponi di Tomaso Marcolla e di Gianluigi Rocca, le caricature di sciatori colti in pose bizzarre del pittore Edy Orrasch, quasi a sottolineare il legame tra materia e memoria. L'atmosfera "antica" di questo ambiente crea un naturale collegamento con il secondo tema della mostra: quello dell'ospitalità quale risposta ad un turismo che iniziava a frequentare la regione. Presentato nella sezione successiva, si raccontano delle trasformazioni del castello avvenute agli inizi del Novecento, quando il maniero viene acquistato dall'avvocato di Monaco Ferdinand Putz.
Dal 1910 prende avvio un grande campagna di restauri che vede convertire le strutture cinquecentesche del castello - la cosidetta area clesiana, il palazzo Baronale e la torre d'entrata - in ambiente ad uso alberghiero. Le ricerche condotte in occasione della preparazione della mostra hanno evidenziato come l'esperienza di ospitalità avviata dalla società pangermanista Burg Persen Geselschafft voluta da Ferdinand Putz, si collochi tra i primi esempi di Grand Hotel in Trentino, quando iniziative simili hanno visto protagoniste le rive dei laghi di Caldonazzo, di Levico e del Garda.
Grazie a questa ricettività - che è riservata ad un turismo d'elite - arrivano al castello di Pergine ospiti d'eccezione in particolare negli anni Venti. In questa piccola sezione il visitatore incontra tre figure di "Ospiti visibili e invisibili", tutte accomunate dalla ricerca di spiritualità, ovvero Juddi Krishnamurti, filosofo e mistico indiano che dopo un iniziale adesione al pensiero teosofico, elaborò una sua concezione filosofica; la ricca americana Annie Haldeman che negli anni Trenta affittò il castello facendolo diventare un luogo di incontro per gli adepti alla società teosofica. È questo un periodo in cui nel castello si dice sia stata avvistata la cosidetta Dama Bianca. Il tema, insolito per una mostra, viene affrontato dalle curatrici non alla ricerca di sensazionalismo ma con l'intento di indagare l'origine di un fenomeno che accomuna molti castelli europei. Le presenze intangibili appartengono a tradizioni che hanno accompagnato le culture di tutto il mondo fin dalle epoche più antiche, perdurando anche con l'avvento del cristianesimo. Verso la metà dell’Ottocento si assiste a un rinnovato interesse per questo tema, che viene affrontato con metodo scientifico con lo scopo di studiare fenomeni inspiegabili.
Di “dame bianche” si inizia a parlare tra 1400 e 1500, soprattutto nel folclore delle aree germaniche. Secondo la tradizione si tratterebbe dello spirito di una donna aristocratica, morta in circostanze tragiche e la cui manifestazione ai vivi sarebbe presagio di avvenimenti funesti: sono numerosi i castelli italiani e bavaresi che vantano la singolare presenza.
Il percorso mostra si conclude con una sorta di salto nel tempo, proponendo la ricostruzione della camera nr. 6 quella che negli anni Venti era considerata una suite, sia per la particolarità degli ambienti che si snodano in successione all'interno del cinquecentesco torrione di Massimiliano, sia perché dalle finestre di queste stanze si può godere di un' incredibile vista sui laghi di Levico e di Caldonazzo.
Gli arredi, gli oggetti, i tessuti e gli abiti esposti sono originali degli anni Venti del Novecento, ma si possono ammirare anche una litografia prova d'artista di Gianluigi Rocca, e un prezioso dipinto settecentesco con la Madonna di Wessobrun, proveniente da una collezione privata.
La mostra sarà visitabile - previa prenotazione - fino al prossimo 26 aprile, scrivendo a info@fondazionecastelpergine.eu.




