Nella classifica delle pari opportunità l’Italia si posiziona solo al 63° posto in un elenco di 156 Paesi al mondo secondo il Word Economic Forum che monitora annualmente lo stato dell’arte sulla parità di genere. Con questo dato Barbara Poggio prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Università di Trento ha aperto oggi il panel dedicato all’impatto del genere sulle scelte rispetto al futuro formativo e professionale degli studenti. «Le ragazze studiano di più e ottengono spesso risultati migliori negli studi. Ma, in media, dopo un anno dalla laurea faticano maggiormente a trovare lavoro e hanno stipendi più bassi rispetto ai colleghi maschi». In parte questo è dovuto alla scelta di percorsi diversi, ad esempio quelli tecnologici preferiti dai ragazzi risultano talvolta più promettenti. Ma non è solo questo: le ragazze vengono meno scelte, hanno maggior tassi di abbandono del lavoro, faticano a raggiungere posizioni apicali.
«Per parlare di sostenibilità e futuro non possiamo non parlare di disparità di genere» - ha spiegato Serena Fiorletta, antropologa culturale e responsabile della comunicazione di AIDOS. «Il luogo dove viviamo influisce in maniera molto forte sul divario di genere».
Dall’infanzia cominciamo a respirare, anche inconsapevolmente, stereotipi di genere che così non fanno altro che perpetuarsi. Lo hanno confermato le studentesse Aurora Tirsina e Sofia Magno: «Solo dopo aver partecipato al progetto Orienta.me – laboratorio promosso dalla cooperativa Kaleidoscopio e con il sostegno della Fondazione Caritro di orientamento alla scelta scolastica con finalità legate all’avvicinamento e alla conoscenza di discipline ad alto contenuto tecnologico - ci siamo accorte di come non eravamo consapevoli di alcuni stereotipi che spingono le donne a occupazioni in cui non è richiesta la forza o a mansioni considerate “più tranquille”».
Cosa si può fare allora per accorciare questo divario che, secondo lo studio del Word Economic Forum, avrà bisogno di 135 anni di lavoro per essere colmato?
«C’è da fare molto a livello politico e normativo. Si può lavorare su comunicazione pubblica e sul linguaggio – ha spiegato Barbara Poggio -. Si può lavorare sulle tecnologie (che spesso sono costruite solo da uomini per uomini) e fare educazione nelle scuole fino dall’infanzia, soprattutto tra i ragazzi che spesso sono più ingabbiati negli stereotipi delle loro colleghe». «Fin dai primi mesi i genitori, anche inconsciamente, cominciano a instradare i bambini aspettandosi magari più interazione verbale dalle femmine e più fisica dai maschi. Se formati i genitori possono fare più attenzione. E nello stesso modo gli insegnanti che possono far in modo di analizzarli e decostruire questi stereotipi fin dall’asilo» ha detto Valentina Fanelli responsabile dei progetti di AIDOS che ha curato la guida Mind the gap, costruire l’uguaglianza di genere in ambito educativo.
EDUCA è promosso dalla Provincia autonoma di Trento, l’Università degli studi di Trento e il Comune di Rovereto, organizzato da Consolida con il supporto scientifico di Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Demarchi e Iprase e il sostegno di Federazione trentina della Cooperazione e delle Casse Rurali Trentine.