
Un ritorno a casa per Ruggero Tita, velista roveretano, che ha iniziato sul lago di Caldonazzo, per poi approdare sul Lago di Garda. Appassionato di sport estremi, proprio sulle acque dei Caldonazzo si è innamorato della vela, facilitato da un territorio, il Trentino, che definisce un "parco giochi, in cui è possibile fare qualsiasi sport".
“La regata è come il motocross sull’acqua: si parte insieme, si affrontano asperità e vince chi completa per primo il percorso - spiega Tita. Una disciplina complessa, che richiede studio del meteo, conoscenza dell’orografia, del vento e situazioni tattiche/strategie, ma dove alla fine a vincere è sempre la natura, che va rispettata”
Rio 2016 è la prima Olimpiade: un’esperienza potente, suggestiva, ma lontana dalle aspettative.” Dopo un mese di stop - prosegue Tita - ho capito che l’Olimpiade si costruisce ogni giorno, per quattro anni. Da quel cambio di mentalità nasce il passaggio al catamarano misto e il sodalizio con Caterina Banti: un ciclo vincente, fatto di titoli europei e mondiali, fino all’oro di Tokyo. “Risultati e confidenza col mezzo e con gli avversari ti cambiano: con Caterina siamo cresciuti insieme, adattandoci a noi stessi, alle condizioni e alla barca”.
Accanto allo sport, Tita completa la laurea in Ingegneria all’Università di Trento: “La vela ha a che fare con un mezzo meccanico e poter comprendere cosa succede nella barca e cosa poter migliorare è stata un'arma in più. Ma anche l’equilibrio con Caterina, con una divisione atipica dei ruoli, io in una veste più strategica e lei più fisica. Una perfetta combinazione di competenze diverse, che ci ha permesso di creare un team molto forte”. Lo sguardo ora corre alla Coppa America con Luna Rossa e all’occasione di Napoli 2027: “Una sfida tecnica ed estetica: un team di ingegneri e tecnici che lavora per rendere la barca, bellissima ed elegante, ma anche velocissima”
Nato a Verbania, Tacchini ha trovato in Trentino, anche lui a Caldonazzo, una seconda casa, pur gareggiando in contesti climatici diversi. Spiega con semplicità la canoa sprint: “Acqua piatta, nove corsie, blocchi di partenza: il primo che arriva vince”. Anche per Carlo, Rio 2016 è la svolta: prima finale olimpica per un italiano nella sua specialità, conquistata con sorpresa. Poi la pandemia, lo slittamento di Tokyo al 2021, “con l’arrivo di nuovi nuovi protagonisti che erano in un altro stato di forma che hanno cambiato le carte in tavola”, racconta Carlo.
Una delusione che ha lasciato il segno, dalla quale ci si rialza con il lavoro quotidiano ed un progetto di C2: “Nel 2022 trovo la miglior stagione in C1, ma sentivo il bisogno di una nuova sfida. Arriva Gabriele Casadei, un talento giovanissimo: costruiamo barca e intesa, nel 2023 prendiamo la quota olimpica. Viviamo e lavoriamo insieme: più ci conosciamo, più la barca va”. A Parigi la scelta coraggiosa: gareggiare in C2 e in C1, con il sigillo della medaglia olimpica.
Si naviga, dunque, verso il futuro, con Carlo e Ruggero, avendo chiari nuovi obiettivi, ma con la consapevolezza per entrambi che è il lavoro quotidiano che costruisce le vittorie, perché, come dice Tita, “le prestazioni nascono nei mesi d’inverno, quando nessuno ti guarda".