Sabato, 25 Maggio 2024 - 18:11 Comunicato 1353

Stati Uniti 2024, il rebus elettorale decifrabile grazie all'inflazione

“Janet Yellen un paio di giorni fa al G7 delle Finanze ha detto che il costo della vita negli Usa è molto alto. E ciò è un problema per Biden”. Marta Dassù, senior advisor European affairs dell'Aspen Institute, così ha introdotto nella sala Depero del Palazzo della Provincia il dibattito in merito al rebus delle elezioni americane di quest'anno. Sul palco, dopo di lei, sono intervenuti Erik Jones, director Robert Schuman Centre of Advanced Studies all'European University Institute, Arrigo Sadun, presidente TLSG-International Advisors, Andrew Spannaus, giornalista e analista politico e Il presidente della commissione affari esteri e comunitari della Camera. Tutti hanno concordato sull'importanza dell'economia, e in particolare dell'inflazione, sull'esito dello scontro tra Joe Biden e Donald Trump per le presidenziali.
2024, rebus Stati Uniti Nella foto: palco e pubblico di spalle [ Daniele Paternoster - Archivio Ufficio Stampa PAT]

Arrigo Sadun vive negli Stati Uniti e ha spiegato che: “La politica americana ora non è un rebus perché è sufficiente avere i criteri giusti per poterla decodificare. Se si analizza un arco temporale breve facendo un'analisi congiunturale, si denota una brusca decelerazione della crescita. Ma prendendo in esame un periodo più lungo, partendo dalla fine della pandemia causata dal Covid, le performance dell'economia a stelle e strisce sono state eccezionali, registrando una crescita del quattro percento. Volendo aumentare il tempo osservato, si registra un alternarsi di stagnazione permanente, brusca accelerazione, pandemia e repentino rimbalzo. E ora si sta scontando quanto goduto nel periodo precedente”. Per il presidente di TLSG-International Advisors, l'economia americana sta andando verso un soft landing, non è una recessione dura, ma un abbassamento della crescita, che è inferiore al due percento. E cosa accadrà dipenderà dall'inflazione: “Biden ha ereditato un aumento dei prezzi sotto l'uno e mezzo per cento, che poi con il Covid è schizzato al nove percento e ora è inferiore al quattro. Inoltre l'andamento dei salari sta crescendo quanto l'inflazione, se non di più. Ma il potere d'acquisto del consumatore americano negli ultimi 30 anni ha perso il 40 percento. E oltre i due terzi dell'opinione pubblica degli Stati Uniti sono insoddisfatti dell'andamento dell'economia americana a causa degli aumenti della benzina e, soprattutto, del costo dei mutui per comprare una casa, elemento fondamentale dell'american dream”. 

Il presidente della commissione affari esteri e comunitari della Camera ha evidenziato che oggi la gran parte dei problemi viene da "fuori". Sia dal punto di vista spaziale, riferendosi alle migrazioni e alle crisi finanziarie, sia da quello temporale: l'intelligenza artificiale fa parte delle sfide che "vengono dal futuro". Con la crisi del '29 i colpevoli sono andati in galera, ci sono state nuove regole e sono stati istituiti nuovi organi di controllo. Mentre nel 2008 la crisi è stata gestita in maniera opposta. E l'ex ministro non esclude che si vada verso una qualche criticità.

Andrew Spannaus è americano, vive a Milano, fa il giornalista, si occupa di politica e prova ad aggiungere altri elementi per sciogliere l'enigma elettorale: “Nei sondaggi Trump ha un vantaggio, ma non è molto avanti. Per diventare presidente, Biden deve vincere in Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. I limiti dell'attuale presidente sono la sua età avanzata, il sembrare rimbambito e il far fatica a camminare. D'altra parte, Trump potrebbe essere condannato tra un paio di settimane per aver dato soldi alla pornostar Stormy Daniels”. Ma per il giornalista i temi cruciali per l'elettorato sono l'aborto e l'immigrazione: “Le pubblicità sull'interruzione volontaria della gravidanza negli Stati chiave vanno dal 50 al 90 percento. L'opinione pubblica in maggioranza vuole il diritto all'aborto. Invece a proposito dell'immigrazione, il sistema non è in grado di gestire 2,8 milioni di persone che arrivano ogni anno”.
Il professore Erik Jones ha sottolineato che la politica estera americana è già cambiata: “Trump era più protezionista di Obama. E Biden ha mantenute le decisioni del predecessore sul tema. La globalizzazione non migliora la situazione e sono stati dati sussidi alle aziende americane che producono tecnologie verdi”. Inoltre per il docente: “La politica verso la Cina a colpi di dazi sarà simile tra i due candidati. E ci saranno sanzioni nei confronti della Russia e verso la Cina per far rispettare le prime. Viviamo in un sistema internazionale basato sulle regole, ma gli Stati Uniti si sono allontanati da ciò attaccando l'Organizzazione mondiale del commercio e la Corte internazionale di giustizia”. 

Infine Marta Dassù ha toccato il tema delle tensioni geopolitiche e di Wall Street che, nonostante le prime, vada alla grande. Per la senior advisor dell'Aspen Institute stiamo entrando in un sistema internazionale senza regole condivise e, citando il politologo Ian Bremmer, in un GZero, un pianeta senza guida. E il pubblico in sala, all'inizio e alla fine del dibattito, a maggioranza si esprime per la vittoria di Trump.

(ag)


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