Giovedì, 09 Ottobre 2025 - 12:39 Comunicato 2855

Remando nell’oro: Chiumento-Rambaldi e Galtarossa-Raineri, due generazioni del canottaggio a confronto

Il primo incontro del Festival dello Sport di Trento cala già un poker d’ori. Incalzati dal piglio coinvolgente del giornalista Furio Zara, questa mattina alle 10 nell’atrio del Palazzo della Regione, hanno ripercorso sacrifici ed emozioni delle loro più grandi vittorie i canottieri del “quattro di coppia” Luca Chiumento e Luca Rambaldi, freschi della medaglia iridata ai Mondiali assoluti di Shanghai del 25 settembre scorso, e i veterani Rossano Galtarossa e Simone Raineri, entrambi oro alle Olimpiadi di Sydney del 2000.
CHIUMENTO, RAMBALDI, GALTAROSSA E RAINERI: REMANDO NELL'ORO Nella foto: Simone Raineri, Rossano Galtarossa, Furio Zara, Luca Rambaldi, Luca Chiumento [ Nicola Eccher - Archivio Ufficio Stampa PAT]

La telecronaca della finale di Shangai meno di un mese fa e quella più sgranata dell’oro a Sydney 2000 – con un incontenibile Giampiero Galeazzi – proiettate in sala hanno introdotto gli appassionati racconti dei quattro campioni e catturato l’attenzione dei tanti giovani che sedevano in platea. 

Partendo dagli ultimi trionfi, hanno ripercorso l’evoluzione dello sport del canottaggio e immaginato i loro obiettivi futuri, dedicando un pensiero speciale al compagno di squadra, scomparso nel 2021, Filippo Mandelli.

“Si cerca sempre il discomfort in allenamento per continuare a migliorarsi – ha raccontato Luca Rambaldi, classe ’94, nel commentare le sensazioni di una vittoria – senti la stanchezza ma, quando sei in acqua, tiri le somme e vedi che quelle difficoltà che hai cercato e affrontato per tanto tempo ti hanno fatto arrivare tra i migliori”. Parlando invece dell’argento a Parigi 2024 ha chiarito: “Ok l’ossessione per la medaglia ma tu devi avere l’ossessione per fare bene e trasmettere determinati valori, anche perché le Olimpiadi sono dei giochi molto particolari: non sai se quel tal giorno in cui è fissata la gara sarai in forma e se tutti i tuoi compagni lo saranno. A Parigi noi siamo arrivati dopo l’Olanda che è leader nel canottaggio quindi per noi è stato un grande orgoglio”.

“Anche se non ci si rende subito conto, si riesce a gioire del risultato – ha aggiunto Luca Chiumento, classe ’97 - tagliare il traguardo è un sollievo, un po’ perché termina la stagione, anche se è fatta di grandi divertimenti, e un po’ perché l’impegno fisico è alto, ma ti rendi conto del grande risultato nei giorni successivi, quando torni a casa e gioisci anche dei semplici complimenti del vicino di casa”.

Rossano Galtarossa, classe ’72, oggi consigliere federale e high performance director della Federazione italiana canottaggio, ha ricordato così la vittoria di Sydney: “Conosco quella gara in ogni suo centimetro ma, dopo venticinque anni, ancora oggi mi dà emozioni. Il canottaggio è uno sport che richiede impegno muscolare con avversari battaglieri, ma quando raggiungi dei traguardi così importanti sei anestetizzato, io ho sentito la fatica solo il giorno dopo, e questa è una delle meraviglie dello sport”. E ricordando Pechino 2008: “Dopo Atene, io ero convinto di aver smesso ma la fiammella agonistica è difficile da spegnere. A Pechino siamo stati battuti dall’equipaggio polacco, che all’epoca vinceva tanto, ma entrambi eravamo ad un livello prestazionale molto alto ed entrambi eravamo scesi sotto il record del mondo. Quindi, se sei consapevole di aver dato il massimo, se qualcuno ti batte, un po’ ti brucia ma noi ci siamo goduti anche quella medaglia d’argento”.

Anche Simone Raineri, classe ’77, oggi ancora parte della squadra nazionale, in forza alle Fiamme Gialle, ha parlato di sconfitte e riscosse: “Il mio percorso da Sydney a Pechino è stato diverso perché ad Atene mi ero infortunato, ma da quella sconfitta ho trovato delle motivazioni che mi hanno dato modo di arrivare a Pechino con la voglia di riscatto, quindi per me è stata una bellissima medaglia, quasi come l’oro”. E in un momento intenso ha ricordato un episodio personale: “Non sono mai stato uno studente modello e all’età di dieci anni, anziché studiare, mi mettevo a incidere la mia scrivania e a scrivere lì sopra i miei pensieri. Mio padre mise un cartoncino per salvare la scrivania e io un giorno ci scrissi sopra “Simone Raineri, futuro campione mondiale olimpico”. Cambiammo casa e passarono gli anni. Quando vinsi la medaglia olimpica a Sydney mi ritrovai sui giornali la foto di quel cartoncino che mio padre aveva conservato ed è stata una grande emozione”.

A proposito di emozioni, un pensiero è andato a Filippo Mandelli perché, come ha detto Zara, “sull’imbarcazione si sale in quattro ma si è in cinque”. “Filippo Mandelli – lo ha ricordato Luca Rambaldi, suo compagno di squadra - era un bravissimo ragazzo, molto caparbio, mio coetaneo, che a soli 26 anni ci ha lasciato a causa di un tumore osseo, scoperto casualmente. Con lui in squadra, avevamo fatto un percorso di vittorie e ci siamo resi conto che il carico psicologico della sua scomparsa ha pesato molto sul risultato delle Olimpiadi di Tokyo 2020 quindi proprio in suo onore abbiamo fatto in modo di alzare il tricolore a Parigi”.

E alla domanda su come sia cambiato il canottaggio in Italia tra queste due generazioni di atleti, sono stati menzionati i materiali dei componenti delle imbarcazioni, che dal legno di Galatrossa e Raineri è passato al carbonio ultra performante di Chiumento e Rambaldi. Oggi si presta molta più attenzione alla nutrizione e all’aspetto mentale.

E per il futuro? Non c'è dubbio: per tutti è Los Angeles 2028.

(cg)


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