La sala gremita che ha accolto gli ospiti dell’incontro evidenzia il grande interesse e curiosità per il tema trattato.
A rompere il ghiaccio, Franco Pepe, che ha voluto subito sottolineare l’importanza, per un pizzaiolo, di creare la propria identità di pizza e valorizzare il territorio, come è successo a lui, che con il suo locale ha trasformato Caiazzo, in provincia di Caserta, in un posto ricercato dove accorrono moltissimi appassionati per poter assaggiare la sua pizza e, di conseguenza, i prodotti di questa terra. “Un’avventura – commenta – nata per caso, dalla mia volontà di staccarmi dalla storia imprenditoriale di successo della mia famiglia per creare qualcosa di mio, dove ho applicato alla pizzeria la logica della cucina distribuendo il carico di lavoro in maniera più equilibrata su tutto il team e ridando quindi dignità alla figura del pizzaiolo, e dove è di fondamentale importanza la ricerca, su impasti, ingredienti e menù”. Un lavoro ricompensato dai numeri visto che oggi la sua pizzeria “Pepe in grani” ospita una media di 400 clienti a sera per 800-1000 pizze sfornate. E in tema di carta vini, offre una proposta molto importante, con 140 etichette e 4 sommelier a disposizione della clientela. “Del resto l’inizio del mio percorso mediatico è legato a questo prodotto, dopo che Veronelli mi chiese di realizzare una pizza da abbinare ad un vino”. Attorno alla pizzeria è nato negli anni un vero e proprio progetto di accoglienza, con eventi e cooking a più mani, oltre a spazi dedicati a percorsi su misura, come le sale degustazione, ma anche il progetto Authentica, in cui il maestro cucina per un ristretto gruppo di ospiti affiancato da un sommelier per gli abbinamenti.
Il tema dell’identità e della ricerca del proprio percorso torna anche con Simone Lombardi, oggi sulla piazza di Milano ma cresciuto professionalmente con Simone Padoan prima e Alfio Ghezzi poi e con una parentesi di cinque anni a Città del Messico, alla ricerca delle proprie origini messicane. Un periodo in cui ha abbandonato il mondo della pizza per concentrarsi sulla cucina e tornare poi con una visione diversa e arricchita. Di lì il ritorno al mondo del forno con l’esperienza di Dry a Milano, dove la pizza incontrava il mondo dei miscelati di qualità, per poi avviare il progetto “Crosta” insieme a Giovanni Mineo, spinto dalla voglia e la necessità di conoscere sempre di più le farine e i vari tipi di impasto. “Io sono un vero promotore della divulgazione del consumo di vino con la pizza – racconta – tanto che ho voluto mantenere un ricarico molto basso nella mia carta vini proprio per stimolarne il consumo. L’abbinamento che preferisco? Un Rosè con la mia pizza a base di ananas, fiordilatte e ventricina”.
A Simone Loguercio il compito di entrare più nel dettaglio sul ruolo del vino e l’importanza della costruzione del menù nelle pizzerie di oggi che per molti anni, a suo parere, è rimasto indietro rispetto all’evoluzione di quello delle pizze, cresciuto costantemente in termini di proposta di farine, tipologia di lievitazione, intolleranze. “Nonostante la pizza sia un alimento popolare – ha commentato – è protagonista di un grande lavoro di ricerca ed elevazione ed è dunque corretto che possa essere accompagnato da un’offerta beverage di equale qualità”. E sul tipo di abbinamento più funzionale, spiega che nel suo lavoro cerca di dare innanzitutto molta importanza alla valorizzazione del territorio, al pari di quello che si fa con la scelta degli ingredienti per la pizza. “La bollicina – continua - è strategica per accompagnare un impasto che viene dal mondo dei cereali ed ha quindi una tendenza al dolce, per cui necessita di freschezza e acidità. Più aumenta la struttura della pizza, inoltre, più deve aumentare quella dello spumante: si può dunque andare da un dosaggio zero per accompagnare una pizza base, fino alle grandi riserve per ricette più elaborate, senza dimenticare che è anche possibile giocare sulle temperature di servizio”.
E dunque sulla pizza con crema di Casolet della Val di Sole, speck trentino, Trentingrana, aglio orsino, porcini spadellati ed essenza di abete rosso dei nostri boschi, creata per l’occasione da Alberto Pagliani della pizzeria da Albert, il sommelier suggerisce di affidarsi ad un Trentodoc riserva in bianco, con una piccola percentuale di Pinot Nero, meglio se a qualche anno dalla sboccatura. In conclusione anche la grande collaborazione, messa in luce da Pagliani fra produttori e case spumantistiche del territorio.
Il Trentodoc Festival è promosso dalla Provincia autonoma di Trento e organizzato da Istituto Trento Doc e Trentino Marketing, in collaborazione con il Corriere della Sera.