Domenica, 05 Giugno 2022 - 18:21 Comunicato 1725

Libia e Iran, tra petrolio gas e instabilità politica

FESTIVAL ECONOMIA TRENTO - Faide interne, lotte tra fazioni, tribù in guerra tra di loro, un intreccio di interessi economici e politici a livello internazionale incide pesantemente (e non da oggi) sull'estrazione di petrolio e gas in Libia e in Iran e di conseguenza sugli approvvigionamenti dei paesi occidentali. E come se non bastasse l'elemento Russia (dopo lo scoppio della guerra con l'Ucraina) sta scompaginando ulteriormente un panorama in continua evoluzione e di difficile interpretazione anche da parte degli esperti di geopolitica. Un'area geografica, quella tra Mediterraneo e Medio Oriente, resa ancora più instabile a causa anche degli interventi (o mancati interventi) dei Paesi occidentali, Italia per prima "che avrebbe dovuto accompagnare la Libia anche sostenendola militarmente".
Festival economia 2022: al Teatro Sociale “Libia, crocevia di tribù e petrolio” (Pejman Abdolmohammadi professore presso la Scuola di studi internazionali dell'Università di Trento, Sissi Bellomo giornalista Il Sole 24 Ore, in collegamento video: da sx Nicola Pedde direttore Institute for global sudies - Igs e Karim Mezran Senior fellow Athlantic Council di Washington)

Il tema dell'incontro sulla situazione dei due Paesi e le relazioni con l'Italia dopo lo stop al petrolio russo e la  diminuzione della dipendenza dal gas da Mosca è stato introdotto da Sissi Bellomo, giornalista de Il Sole 24 Ore: con lei al teatro Sociale Pejman Abdolmohammadi, professore presso la Scuola di studi internazionali dell'Università di Trento mente on line erano collegati Karim Mezran, Senior fellow Athlantic Council di Washington e Nicola Pedde, direttore Institute for global sudies (Igs). Dopo la caduta di Gheddafi (2011) la Libia "è precipitata nel caos a dimostrazione che se non si pone un rimedio fin dall'inizio, la situazione non si raddrizza più con conseguenze pesantissime - ha esordito Mezran - La Libia è un composto di problemi tra tribù, clan, movimenti ideologici "creando così una situazione difficile fra le fazioni fomentate dalle potenze internazionali a seconda dei loro interessi". Il risultato, nonostante vari tentativi di composizione fra le fazioni, è il caos in un paese diviso con due premier "in fin dei conti non legittimi" e che ha visto sfumare le annunciate elezioni del dicembre scorso.

In Iran, "dove abbiamo la più laica generazione dopo Khomeini è a rischio destabilizzazione" ha affermato il docente alla Scuola studi internazionali che ha rimarcato "la scarsa capacità dimostrata dall'Unione europea in politica estera alla quale si aggiunge la miopia di Obama verso il Medio Oriente che è stata fallimentare. "L'Iran - ha aggiunto Pedde - si avvia verso la transizione istituzionale in una situazione difficilissima dovuta da anni di embargo: sembrava che le sanzioni rientrassero a marzo, ma la guerra della Russia ha scompaginato le carte". E torna ancora il conflitto in Europa ad aleggiare sul quadro internazionale con le relazioni e i rapporti di Mosca con la Turchia e l'Egitto, due Paesi che possono far valere i loro rapporti con Libia e Iran. "La Russia ha interesse ha tenere Teheran fuori dal mercato energetico, ma parte della leadership iraniana si sta allontanando da Mosca per avvicinarsi all'Occidente o alla Cina" ha sostenuto Abdolmohannadi In questo quadro quale ruolo riveste l'Italia?  "L'Italia - è la sintesi di Mezran - sconta l'incapacità di utilizzare tutti gli strumenti per i suoi interessi, a quanto hanno fatto altri Paesi. Molto è stato fatto a livello diplomatico ma non a livello politico e militare. L'Italia avrebbe dovuto accompagnare la Libia sostenendola anche militarmente come sta facendo con l'Ucraina".

(gr)


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