Mercoledì, 07 Agosto 2013 - 02:00 Comunicato 2283

Grande entusiasmo oggi sull'Altopiano della Predaia
IL BLUES LEGGERO DI RAPHAEL GUALAZZI

Nei pressi del Rifugio Ai Todes-ci sono salite circa 3500 persone per vivere un pomeriggio di musica e allegria-

Uno dice blues e subito pensa a locali fumosi, a storie di malinconia, a strade immerse nella notte percorse da qualche personaggio solitario e pensoso. Beh, dimenticatevelo. O almeno pensate a come possa trasformarsi quella musica se immersa nella luce piena del giorno o nel poetico pallore di una luna piena. Si riempie di vita ed energia, tanto da volare leggera sulle preoccupazioni e sulle malinconie e trascinare chi l'ascolta in un gioioso turbinio di note e ritmo. Questo è quanto proposto ieri da Raphael Gualazzi in un concerto seguitissimo e applauditissimo. Sono saliti in 3500 sull'Altopiano della Predaia per ascoltarlo e non si sono certo risparmiati seguendo il ritmo con le mani, chiedendo a gran voce i pezzi preferiti e accettando i giochi vocali proposti dal cantautore di Urbino: botta e risposta a suon di musica.
Gualazzi siede al pianoforte con un cappello a falde larghe che lo protegge dal sole limpido di questi giorni. Attorno a lui i musicisti che lo accompagnano nel tour: Laurent Miqueu alla chitarra, Emah Otu al contrabbasso e Massimiliano Castri alla batteria. Il vento muove le fronde, la temperatura è piacevole e lui esordisce dicendo: "Noi siamo gente a cui piace il blues". Basta questo perché dagli altoparlanti esca oltre un'ora di musica e ritmo. La mente corre spesso ai classici del genere, quelli che ne hanno in un certo senso fondato i canoni, soprattutto con "My baby" - omaggio a Moody Waters - e "Rainbows", nel quale si sciolgono anche rimandi al jazz degli anni Trenta e Quaranta; e ancora "Scandalize me" o "Confessing the Blues", che porta dritto dritto agli anni Cinquanta. E anche alla fine, una volta proposti i pezzi più amati del proprio repertorio, quando il concerto volge alla fine, eccolo rispondere al richiamo di quella musica e lanciarsi nuovamente in riarrangiamenti, omaggi, cover come "Take time", nella quale qualcuno ha forse riconosciuto il tema di "Sweet Home Chicago", o "Don't call my name".
Solo il limite delle batterie lo ferma, ma ormai tutti si sono divertiti, passando attraverso le hit più amate da "Zuccherino dolce" con la quale Gualazzi apre l'esibizione a "Reality and Fantasy", accompagnata dagli applausi del pubblico e nella quale il vocalist ha dato prova della sua grande versatilità. Non è artista di un solo genere Gualazzi e si sente, nella sua musica e nella sua voce c'è sì il blues, ma fa capolino il soul, il sound etnico e la verve del cantautore che fa ripensare alla sensibilità di Paolo Conte tanto quanto alla freschezza di un David Gray. Insomma un insieme di riferimenti sonori che lo distinguono. "Sarò sarai" è un lungo omaggio al jazz, "Love goes down slow" è allegra e trascinante, così come "Senza ritegno", caratterizzata da un incipit potente e quasi solenne. Quando arriva "Un mare in luce" sembra di trovarsi di fronte a una dichiarazione di poetica con una definizione perfetta della sua musica, quando dice "quel mare di luce non finisce mai". E prima della fine c'è ancora spazio per "Take me to my Hell", per la canzone d'intimità e sopravvivenza "Sai" e per quella dichiarazione d'amore e destino che è "Lady O" col suo bel ritornello "nella vita puoi cambiare nome, ma l'anima no!"
"Calda estate" - e come non proporla in questi giorni torridi -, l'omaggio con piano solo a Nino Rota e al suo "Amarcord", ci ricordo che anche in Italia c'è un'anima jazz e blues e che alberga dove l'orizzonte sembra sconfinato, dove l'estate sembra non finire mai e l'inverno ti regala tanta nebbia che divora gli alberi, le case e gli uomini.
A chiudere l'esibizione "Carola", richiestissima dal pubblico, e le ritmiche latine di "Mambo soul". Gualazzi alla fine si è trattenuto a lungo con i presenti per firmare tanti autografi. (ac) -