
Quando Evaristo Beccalossi con i suoi tacchetti calcava l’erba di San Siro il pubblico ne ammirava l’estro, l’imprevedibilità e la fantasia, elementi imprescindibili dell’estetica di un numero 10.
Un ragazzo, bresciano classe 1956, che aveva mosso i primi passi in un oratorio: “Quando ero bambino adoravo il ciclismo ma andare in bici non faceva per me preferendo uno sport di gruppo. Ricordo che all’inizio mi dicevano che non avevo il fisico e quando entravo giocavo da solo e non la passavo a nessuno. Dal 12 ai 15 anni ho giocato nei ragazzi fino a quando a 16 ho debuttato in serie B senza ovviamente beccarne una". Tanti gli aneddoti raccolti nelle pagine del libro da Beccalossi, bresciano classe 1956, a partire da quel memorabile derby di 45 anni fa, era il 1979, in cui sotto una pioggia battente si inventò due gol al Milan.
Gol che poi im quella stagione si rivelarono decisivi per lo scudetto dell’Inter: “Quella partita non l'avrei neanche dovuto giocarla - ha raccontato Beccalossi – perché per molti il campo era troppo pesante per uno bravo tecnicamente come me. Invece giocai e le cose andarono bene. Io arrivavo da un paesello vicino a Brescia e non mi rendevo ancora conto di cosa significasse il derby di Milano e battere i cugini”. Per Beccalossi furono due gol certo importanti ma normali: “Quello era un Milan non di prima fascia, diciamo che mi sarebbe piaciuto battere il Milan stellare di Sacchi.
Il mio obiettivo era battere la squadra più forte che in quegli anni era la Juve”. Beccalossi ha vestito sempre la maglia numero 10 che per il calcio era iconica: “Io sono cresciuto guardando Rivera e Omar Sivori, ho avuto la fortuna di conoscere Maradona”. Fra i ricordi più belli del calciatore i viaggi in pullman dalla Pinetina a San Siro: “In quel tragitto vedevo la gente che ci applaudiva e mi colpivano i genitori che portavano i bambini sulle spalle come faceva con me il mio babbo”. Beccalossi era arrivato all’Inter dopo tre mostri sacri della storia nerazzurra come Suarez, Mazzola e Corso trovandosi un’eredità pesante sulle spalle. A segnare il suo percorso da calciatore il sodalizio con Altobelli: “Con lui eravamo quasi gemelli ed è stato un percorso bellissimo anche se quando lo vedo mi parla sempre del suo gol ai Mondiali di Spagna. Sembravamo nati per giocare insieme ma la nostra intesa era spontanea, naturale e non nasceva certo da schemi o altro”. Il presente di Evaristo Beccalossi si lega ai giovani che hanno vinto gli Europei Under 19 nel 2023 dopo vent’anni e che aveva seguito in quell'avventura: “Ai ragazzi che giocano al pallone dico sempre che oltre gli schemi e gli allenamenti la differenza la fa la testa, il modo di porsi dentro e fuori dal campo”.