Domenica, 24 Settembre 2023 - 11:47 Comunicato 2731

Dalle radici al calice: le terre del Trentodoc

Suolo e clima influenzano in modo determinante le proprietà organolettiche dei Trentodoc, in un Trentino variegato, dove ogni zona ha caratteristiche di terroir differenti. “Spesso definisco il Trentino mille terre in una: antica, montuosa, con grandi differenze nelle esposizioni che si sommano e si moltiplicano per l’altitudine”, racconta Roberto Anesi, Miglior sommelier d’Italia 2017, conduttore insieme al collega bergamasco Stefano Berzi, anche lui Miglior sommelier d’Italia nel 2021, dell’incontro che ha aperto l’ultimo giorno del Trentodoc Festival, alle 10 negli spazi della Sosat di via Malpaga.
Nella foto: Stefano BERZI, Roberto ANESI [ Foto Matteo Rensi Archivio Ufficio Stampa Provincia autonoma di Trento]

Il viaggio inizia dalla valle di Cembra. Con il suo paesaggio segnato da 708 chilometri di muretti costruiti a secco, ha una posizione geografica molto diversa rispetto alle altre valli del trentino: raccoglie i venti freddi che provengono dalla val di Fassa e val di Fiemme, valle alpina per eccellenza dal clima subalpino, con importanti escursioni termiche, terreni differenti con calcare spesso presente e un’altitudine media importante. Un territorio identitario, che nei vini regala acidità e tensione e un carattere rigido, non accomodante. Negli ultimi anni la valle di Cembra, ha visto propagarsi lo Chardonnay e la nascita di nuove cantine per la produzione di Trentodoc. Qui le vigne più alte arrivano a 893 metri, in totale sono 300 ettari vitati con condizioni di lavorazione dei vigneti molto ostiche, dove si arriva addirittura a 700 ore di lavoro all’anno (la media italiana è 200).

Trento e la valle dell’Adige è una zona intensamente vitata, la sua fisionomia la rende meno difficile da lavorare, i terreni sono ricchi di calcare, più alluvionali verso il fondovalle, le escursioni termiche sono buone e ci sono grandi differenze nell’esposizione. Martignano è una zona con una buona dotazione di limo su roccia trentina, ricchi di scheletro; ottima esposizione con tantissime ore di luce; ottima ventilazione grazie all’Ora del Garda; un’altitudine media di 400 metri. Qui è zona privilegiata di allevamento del Pinot Nero e i vini hanno caratteristiche di mineralità, acidità stabile e ph neutro.

La Piana Rotaliana ha terreni invece di origine Werfeniana (calcarea sedimentaria con pochissima argilla), con terreni che poggiano su una frana a forma di V rovesciata, ottima esposizione alla luce e tanto sole, l’Ora del Garda che dona grande ventilazione. Ci sono interessanti produzioni anche di Trentodoc.

Scendiamo verso sud, nella zona di Rovereto e della Vallagarina, contraddistinta da terreni poveri e rocciosi, un’importante impronta basaltica del terreno, scuro e vulcanico. Le quote medie vanno dai 350 ai 550 metri, e anche qui l’Ora del Garda gioca un ruolo fondamentale.

Come di consueto, nei “Trentodoc tasting” dopo la teoria si passa alla pratica, con sei calici che raccontano concretamente quanto detto sin qui. Si inizia con il Trentodoc 100% Chardonnay, 30 mesi sui lieviti: al naso profuma di tiglio, mela golden, pera Williams e una lieve sensazione di erbe aromatiche, mentre al sorso è salino, schietto, essenziale. Il secondo calice ci porta in valle di Cembra con un Trentodoc 100% Chardonnay, 50 mesi sui lieviti: gusto fragrante e complesso, con note floreali e di frutta gialla matura, ma anche leggere note di nocciola e pane tostato, al sorso è compatto, profondo, ritmato, fresco, limonato e sapido.

È la volta poi del Trentodoc 60% Chardonnay e 40% Pinot Nero: 48 mesi sui lieviti regala profumi intensi e fini, con sentori campestri e note di mela verde, crosta di pane e una bella mineralità; al palato è materico, secco, elegante, avvolgente, con note di succo di lime e una chiusura aromatica molto persistente. Con il quarto calice si va in Vallagarina con un Trentodoc 100% Chardonnay coltivato fino a 800 metri di altitudine, 60 mesi di affinamento sui lieviti: sinuoso, con sviluppo orizzontale e carezzevole, sapido, presenta carattere basaltico con tocchi di pietra focaia e boisé, intriganti note agrumate, soprattutto mandarino, di mela renetta e di rosmarino. Con il quinto calice si torna nella zona di Trento con un Trentodoc 70% Chardonnay e 30% Pinot Nero, uvaggi coltivati a un’altitudine di circa 600 metri e un terreno con residuo vulcanico, fluviale e glaciale, 72 mesi sui lieviti: profuma di agrumi, mela, miele, vaniglia, anice stellato, menta piperita, mentre al sorso è pieno, persistente ed elegante, con una bella acidità che sostiene la materia. Gran finale con un Trentodoc 100% Pinot Nero, 60 mesi sui lieviti: al naso, frutta candita, pandoro, finocchietto, cumino, con un leggero tocco fumé, mela cotogna, tè, zenzero, pane tostato; al sorso è complesso, austero, importante, con una bella freschezza agrumata.

Il Trentodoc Festival è promosso dalla Provincia autonoma di Trento e organizzato da Istituto Trento Doc e Trentino Marketing, in collaborazione con il Corriere della Sera.

(F.N. )


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