Luciano Pasquini è un pittore che parla agli occhi senza mediazioni, con sincerità, e che si nutre – come scrive lo storico dell’arte Giovanni Faccenda – «di visioni agresti o marine, a seconda delle stagioni, per realizzare quanto di più nobile, e allo stesso tempo di segreto, abiti il suo cuore: dipingere, dopotutto, è un modo per raccontare se stessi o descrivere qualche cosa. Luciano Pasquini parla di sé, di noi e delle nostre speranze, con raffinatezza; spesso lo fa raccontando il suo sentimento verso una natura fuori dal tempo, sfiorata con dolcezza dall’opera dell’uomo: borghi silenziosi, ridenti o assorti, osservati con discrezione ma sempre più da vicino, come nella serie 'Tetti'.»
Saranno in mostra ad Andalo quaranta opere che Pasquini presenta in una regione a lui molto cara, il Trentino Alto Adige. La sua prima esposizione nel Comune di Bressanone risale al 1989 e negli anni successivi i suoi quadri sono stati im mostra anche a Cles, Glorenza, Madonna di Campiglio e Merano.
La mostra sarà inaugurata ad Andalo sabato 22 luglio alle 18,00 e potrà essere visitata fino a domenica 3 settembre tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19,30. L’esposizione sarà accompagnata da un elegante catalogo comprendente una ricca documentazione fotografica e un testo critico a firma del curatore, Graziano Cosner: «Che gli oli di Luciano Pasquini siano un affascinante gioia di colori e forme e paesaggi è stato ampiamente detto dai critici che ne hanno seguito la carriera artistica. Che la Toscana emerga prepotente da ogni ardente quadro di paesaggio è altrettanto evidente: colline dolci e infuocate, filari di vigne, campi arati ricolmi di messi, borghi accoccolati su rilievi morbidi, tetti e ancora tetti di cotto rosso e bruno, macchie di ginestra a lampeggiare qua e là. E poi ci sono le marine: il mare si nasconde dietro alle dune costiere, ancora alcuni passi e finalmente ecco l’infinita distesa blu comparire tra gli arbusti selvaggi: è incanto stupefatto. E infine ci sono i fiori: sì, ci sono anche i fiori, a mazzi, a grappoli, a cascata: eccoli a riempire tele e tavole senza disegno, a riempire gli occhi senza tregua e raziocinio, senza posa. Perché questo è il modo di far pittura di Pasquini: partire senza disegno ed avventurarsi nelle possibilità infinite dei colori dati a spatola, spianati a gesti veloci sulla base bianca, mescolati, attorcigliati, e poi composti in trama che già intravede le possibilità figurative. Ecco allora entrare in scena i pennelli, e con essi la mano più attenta a dar vita alla rappresentazione del teatro della natura, della vita. [...]»