Domenica, 26 Maggio 2024 - 10:54 Comunicato 1375

Capitali clandestini e paradisi fiscali

Capitali clandestini e paradisi fiscali: una piaga del nostro tempo, sulla quale si sono confrontati stamani a Palazzo Geremia di Trento Antonio Martino, avvocato, già generale della Guardia di Finanza, Francesco Greco, ex-procuratore della Repubblica di Milano e consigliere per la legalità del sindaco di Roma e Alessandro Santoro, docente all'Università di Milano - Bicocca e già presidente della Commissione sull’evasione fiscale del Fondo Monetario Internazionale, moderati da Angelo Mincuzzi, caporedattore e inviato de "Il Sole 24 Ore".
I soldi sono come l’acqua, trovano sempre un varco dove infilarsi, è l'asserzione da cui si è partiti, citando un ministro svizzero. In sostanza, qualsiasi provvedimento venga preso per contrastare l’evasione fiscale, il denaro riuscirà a nascondersi, a filtrare, a sottrarsi ai controlli. La situazione per la verità negli ultimi anni è in parte cambiata e, anche per input dell'OCSE, alcuni Paesi, compresi quelli UE e l'Italia, hanno iniziato ad introdurre correttivi giuridici e fiscali per cercare di modificare la situazione. Ma gli strumenti per evadere il fisco tra le pieghe dell'economia internazionale sono moltissimi, senza contare che Paesi come Stati Uniti e Cina hanno deciso di non applicare queste misure. I paradisi fiscali rimangono, quindi un'infrastruttura fondamentale non solo dell'economia illegale, delle pratiche di corruzione e quant'altro, ma anche dell'economia legale.
Capitali clandestini e paradisi fiscali Nella foto: Alessandro SANTORO; Francesco GRECO; Antonio MARTINO; Angelo MINCUZZI. [ Michele Lotti - Archivio Ufficio Stampa PAT]

Santoro in apertura ha dato qualche numero, solo parziale, sui paradisi fiscali: i flussi di capitale off-shore, cioè che viaggiano da un Paese all’altro, non riconducibili a banche (quindi generati da privati e società) ammontano a 16 trilioni di dollari (16mila miliardi di dollari), ovviamente non tutti illeciti. Si stima che circa 3,5 trilioni di dollari si sottraggano a ogni prelievo fiscale, spesso perché vanno in paradisi fiscali. Questa percentuale negli ultimi anni si è ridotta per la crescita del dialogo fra sistemi di controllo finanziario dei diversi Paesi. In Italia circa 60 miliardi di euro continuano a essere non tassati. Da queste cifre sono escluse le proprietà immobiliari, i profitti delle multinazionali e molte altre voci. La stima è che ad esempio le multinazionali facciamo girare un trilione (mille miliardi di dollari) sui paradisi fiscali (costituiti da profitti, non da patrimoni). 

Greco si è detto piuttosto scettico: queste sono cifre per difetto, ha detto, perché l’esperienza dimostra che le maniere per evadere il fisco sono inesauribili. I paradisi fiscali, ha spiegato, sono oggi una parte fondamentale dell’economia mondiale. Tutte le attività che generano grandi profitti, come quelle legate ai big data, anche in Europa, transitano per l’Olanda o il Lussemburgo e finiscono nei paradisi fiscali ai tropici. Ma anche le banche hanno società create nei paesi off-shore. Alle Cayman ha sede l’85% degli edge-fund del mondo, in gran parte gestiti da amministratori americani. Le persone che gestiscono le ricchezze “mascherate”, ha detto ancora Greco, forse l’1% della popolazione, dovrebbero fornire quantomeno un contributo di solidarietà, al loro Paese. Un’ultima considerazione: non esistono politiche che impediscono di “schermare” le ricchezze, rendendo trasparenti i trust, le fiduciarie (ufficialmente costituite per tutelare minori, soggetti svantaggiati e così via). Nessun governo, né di destra né di sinistra, si è mai posto il problema. Ci sarebbero gli strumenti legali per intervenire, quindi per rendere trasparenti i beneficiari economici dei trust, ma a tutt'oggi si sono scontrati con i ricorsi delle fiduciarie (e in qualche caso anche con la violenza di chi aveva interesse a non fare procedere l'azione legale). A ciò si aggiunge che in Europa ogni Paese ha mantenuto il proprio sistema di prelievo fiscale, rendendo la situazione ancora più complessa.

In Irlanda, ha detto il moderatore, si è creata ad esempio una grandissima concentrazione di multinazionali americane, del settore digitale, attirare da una legislatura a loro favorevole. Martino, anche forte della sua esperienza della Guardia di Finanza, ha avuto spesso a che fare con queste operazioni di trasferimento di capitali all’estero, spesso poi utilizzati per alimentare la corruzione. Ad un certo punto anche l’OCSE si è reso conto dell’entità del fenomeno e ha cercato di contrastarlo, attraverso gli Stati, che sono stati invitati ad adottare una serie di misure: ad esempio, l’introduzione di una tassazione minima del 15%. Stati Uniti e Cina non hanno aderito a questa proposta. L’Europa e l’Italia si sono adeguate, ma potranno eseguire il prelievo solo sulle loro imprese, non ad esempio sulle multinazionali americane. Anche molte delle transazioni realizzate via pc dai cittadini sfuggono al controllo e successivo prelievo fiscale. infine, anche le norme sulla privacy a volte impediscono di fare luce sulla natura dei patrimoni e delle operazioni finanziarie. 

(mp)


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