Era il 1972 quando a Trento nasceva infatti la Facoltà con il corso di laurea in Economia politica che con i suoi 122 iscritti avrebbe iniziato le lezioni nell’anno accademico 1973/74, proprio mezzo secolo fa a novembre. Da allora la Facoltà è cresciuta, anche nei numeri, soprattutto con l’avvio nel novembre 1984 del corso di laurea di Economia e Commercio, fino a toccare il picco di iscrizioni – quasi 4mila studenti e studentesse – nell’anno accademico 1995/96.
Oggi il Dipartimento di Economia e Management conta circa 2700 iscritti e un’offerta didattica triennale e magistrale diversificata. Tre i corsi di studio di primo livello (Amministrazione aziendale e diritto, in Economia e management, in Gestione aziendale, anche con il percorso part time) e otto di secondo livello di cui quattro in lingua inglese, oltre a una laurea interdipartimentale in Data Science. «Una realtà che oggi conta 86 colleghi e colleghe che insegnano, fanno attività di ricerca e di terza missione con uno spirito di gruppo e seguendo un approccio interdisciplinare che, in materie come le nostre, è indispensabile per capire le situazioni, analizzare i problemi e cercare di proporre delle soluzioni», ha commentato il direttore Flavio Bazzana nel suo saluto introduttivo sottolineando il traguardo dei 50 anni. «Il nostro Dipartimento accoglie ogni anno quasi mille nuovi studenti e studentesse che si iscrivono ai nostri corsi di laurea e che portano nella loro futura professione i valori e l’approccio alla soluzione dei problemi che abbiamo cercato di insegnarli nel migliore dei modi possibili. Sono contento – ha aggiunto con orgoglio – di quello che siamo riusciti a fare, grazie all’aiuto di tutti: docenti, studenti e personale tecnico e amministrativo».
Il rettore Flavio Deflorian nel ripercorrere i tratti salienti della storia del Dipartimento ha sottolineato il suo contributo per lo sviluppo e la crescita economica del territorio. «Un Dipartimento che ha formato persone che oggi ricoprono incarichi politici e in imprese importanti. Che ha lasciato il segno in Trentino e in Italia. Che ha preparato intere generazioni di studenti e studentesse, sapendosi rinnovare nel tempo, grazie alla costante formazione della classe docente e all’aggiornamento dell’offerta formativa, rimanendo sempre alla frontiera della ricerca in ambito economico».
La conferenza è poi entrata nel vivo con un’introduzione di carattere storico sulle origini di Economia a Trento che ha visto anche la testimonianza del primo preside, Sergio Zaninelli, e un ricordo del primo laureato, Bruno Brunet.
«A dieci anni dall’inizio dell’avventura universitaria in Trentino con l’Istituto superiore di Scienze sociali si avvertiva il bisogno di imprimere un’ulteriore spinta al progetto, favorendo tra l’altro una maggiore omogeneità rispetto alla struttura del sistema universitario italiano», ha ricostruito Andrea Bonoldi. «Per far nascere la Libera Università era necessario ampliare l’offerta formativa. In quegli anni l’Università cambiava marcia, si arricchiva di discipline nuove con l’apertura anche di Scienze e del biennio di Ingegneria. Occorreva far evolvere ulteriormente l’idea di istituzione universitaria. Alle origini di Sociologia a Trento c’era la percezione che il territorio fosse rimasto indietro rispetto alle trasformazioni portate altrove dal miracolo economico, con l’idea che fosse possibile recuperare il ritardo solo in presenza di un capitale umano locale in grado di sostenere i cambiamenti. Il progetto universitario era – e in parte lo è ancor oggi – funzionale a sostenere questa concezione di sviluppo locale».
Accanto alle competenze in ambito sociologico nel tempo divenne chiaro che servivano figure diverse, capaci di gestire le questioni complesse legate alle politiche per lo sviluppo e alla modernizzazione della struttura produttiva. «Oltre a questo la nascita di Economia e Commercio servì anche a mitigare alcune tensioni con la comunità locale causate dagli sviluppi della vicenda di Sociologia. È stato così possibile favorire un maggior dialogo e far crescere ulteriormente il progetto dell’Università in Trentino».
I primi anni di Economia e Commercio, ripercorsi grazie al videomessaggio di Alberto Quadrio Curzio allora componente del Comitato ordinatore, erano già caratterizzati da una grande varietà di orientamenti, posizioni, impostazioni. Un tratto di apertura e dinamismo, molto diverso dalle ‘scuole di pensiero’ frequenti in altre facoltà di Economia italiane, che a Trento si mantiene lungo tutto il corso di questi primi 50 anni. E che ora è ancora molto vivo.
Lo si è sentito anche nelle varie testimonianze che hanno animato il pomeriggio: nella voce dei laureati con l'intervento di Erica Cis; nel racconto del corpo docente con le parole di Mariangela Franch e con le osservazioni sul presente del Dipartimento portate dalle rappresentanze studentesche. Per descrivere i rapporti del Dipartimento di Economia e Management l’economia locale è stato invitato poi a parlare Marco Merler, CEO di Dolomiti Energia.
Infine una riflessione sul futuro del Dipartimento affidata a Roberto Gabriele, Chiara Tomasi e Umberto Martini che hanno tracciato rispettivamente le linee di sviluppo e i punti chiave su cui si concentrano le attività di ricerca, didattica e terza missione del Dipartimento. «La scelta di proseguire il percorso avviato all’insegna di un approccio critico allo studio dei fenomeni economici e della multidisciplinarietà è oggi la cifra distintiva della ricerca che si fa in Dipartimento» spiega Roberto Gabriele. «Proprio questo approccio che include punti di vista diversi – come la psicologia, l’agraria, il management, le scienze economiche, l’informatica e la statistica – permette di studiare i grandi fenomeni di oggi, la complessità del nostro tempo, in modo organico ed efficace, con maggiore competenza e senso critico. Una scelta che non riguarda soltanto l’ambito di studio ma gli stessi metodi della ricerca che si evolvono. Pensiamo ad esempio, alle attività laboratoriali o all’introduzione di metodi computazionali sia nella ricerca ‘micro’ che riguarda le scelte economiche degli individui, delle trasformazioni delle imprese e delle dinamiche occupazionali, sia nelle dinamiche ‘macro’ del sistema economico. Il Dipartimento copre oggi una grande varietà di temi di ricerca. E su molte aree strategiche riesce a fare massa critica e a raggiungere risultati scientifici di rilievo».
Anche per quanto riguarda la didattica la parola chiave è ‘innovazione’, come commenta Chiara Tomasi. «La didattica innovativa è la leva che ci aiuta a preparare gli studenti e le studentesse ad affrontare le sfide complesse che dobbiamo affrontare al giorno d’oggi, come il cambiamento climatico, la ricerca di maggior sostenibilità, l’invecchiamento e le trasformazioni della società, i cambiamenti nel modo di produrre e di organizzare il lavoro, l'uguaglianza sociale e proprio l'innovazione tecnologica. Imparare attraverso metodi interattivi, tecnologie avanzate e contando su un approccio multidisciplinare, favorisce lo sviluppo di competenze critiche, creative e adattabili. Competenze che ora si cerca di integrare sempre più nei corsi di studio e che sono sempre più utili e richieste anche dal mercato del lavoro. Ma che servono anche a formare cittadini consapevoli e capaci di contribuire positivamente al progresso globale. Oggi come accadeva, del resto, anche 50 anni fa».
Analoga riflessione anche per quanto riguarda la terza missione, vale a dire l’impegno del Dipartimento nei confronti del territorio e delle realtà produttive per generare ricadute positive e creare valore aggiunto. «È uno sforzo a guardare verso istituzioni, imprese e attori sociali e culturali che operano attorno all’ambito universitario e a creare con loro un dialogo ancora più costante e proficuo» commenta Umberto Martini. «In questi anni abbiamo cercato di lavorare ancora di più sulla valorizzazione delle competenze per creare un rapporto di vicinanza e di sinergia. Un obiettivo che, anche in questo caso, era presente fin dall’inizio. Già 50 anni fa, infatti, Economia a Trento doveva servire a creare un pacchetto di competenze utili per il territorio. Ancora oggi Economia sente di poter avere un ruolo di stimolo alla crescita economica, sociale e culturale del territorio. Questo non solo per il fatto che formiamo studenti che si inseriscono nel mercato del lavoro, ma anche per le competenze che come personale docente e ricercatore mettiamo a disposizione delle amministrazioni locali, delle comunità e delle imprese del territorio». Un esempio concreto in questo senso sono le varie attività volte a potenziare la formazione continua e quella a distanza che il Dipartimento ha messo in campo negli ultimi anni, coinvolgendo anche zone geografiche (come le valli di Fiemme e Fassa o il Primiero) dove prima l’università non era molto presente.
(Unitn)
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