Sabato, 01 Giugno 2013 - 02:00 Comunicato 1596

RACCONTIAMO L'EUROPA O RACCONTIAMO SOLO L'EURO?

Come si può combattere l'euroscetticismo se non esiste un "racconto" dell'Europa alternativo alla lettura economica e burocratica che gira attorno all'Euro? La crisi di legittimità del processo di integrazione europeo dipende dalla mancanza di comunicazione. L'Europa comunica poco e male. Usando un linguaggio tecnico che allontana i cittadini. Ma l'Europa è molto di più della crisi. Per riscoprire il valore dell'Unione europea serve un modo diverso di intendere giornalismo e comunicazione. Recuperare un "racconto" alternativo dell'Europa partendo dalle sue radici, ma anche scommettendo su democrazia, lavoro e creazione di valore. La qualità dell'informazione al Festival dell'Economia nell'incontro "Raccontare l'Europa" curato dall'Osservatorio Storytelling che si è tenuto alla sala conferenze del Dipartimento di Economia dell'Università di Trento.
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Per raccontare l'Europa bisogna conoscerla. Una sfida non facile ma importante, se si pensa che tra il 2012 e il 2013 la fiducia dei cittadini nel processo di integrazione è diminuita del 15%. "Raccontare l'Europa non è un mestiere facile – ha spiegato Adriana Cerretelli corrispondente da Bruxelles de Il Sole 24 Ore – occorre familiarizzare con il cosiddetto "eurocratese" e una volta assimilato il gergo tecnico bisogna resistere alla tentazione di usarlo. Un'impresa difficile, vista la complessità delle questioni e il poco spazio a disposizione. Ma c'è a monte un problema strutturale: parliamo di Europa come se fosse un'entità reale. Invece al più si tratta di un sogno, di un'aspirazione. Tutti ci sentiamo europei a nostro modo: la cultura nazionale pesa più che mai sulla percezione dell'Europa. Secoli di storia ci rendono diversi all'interno dei vari Stati europei.

La solidarietà, che è stata il cemento dell'origine dell'Europa, ora non c'è più e il nazionalismo ha ripreso vigore. La diversità genera incomprensione e questa diffidenza. L'Europa non è più una questione di politica estera, ma di politica interna. Tuttavia la tentazione dei governanti dei vari Stati è quella di scaricare sull'Europa il peso e la responsabilità di scelte su cui però invece c'è il pieno coinvolgimento di tutti. Tutto questo alimenta un sentimento anti-europeo che si basa su letture semplicistiche e demagogiche.
La colpa della cattiva comunicazione non è quindi da attribuire tanto ai mezzi di informazione quanto piuttosto all'atteggiamento dei governi nei confronti dell'Europa. La Germania, ad esempio, viene percepita come un lupo cattivo, come una sorta di nemico in casa. In realtà dovremmo cercare di diventare noi degli interlocutori all'altezza di questa situazione per scongiurare il rischio di germanizzazione dell'Europa".
"Il problema centrale è la percezione che ognuno di noi ha dell'Europa – ha puntualizzato Andrea Fontana dell'Osservatorio Storytelling – Ciò che sappiamo, lo abbiamo imparato dai nostri nonni e genitori. Oggi a scrivere il "racconto" dell'Europa sono i mezzi di informazione che privilegiano un racconto dell'Europa di tipo economico, più che storico, psicologico, identitario. È più che altro il racconto dell'Euro, soprattutto calato dall'alto. Alcune delle linee narrative in cui possiamo invece riconoscerci sono le nostre radici: il patrimonio della cultura greca, il cristianesimo, la Ragione illuminista. Il gergo eurocratico a cui ormai siamo abituati ha spinto molti ad additare le colpe della crisi ad una nuova classe di burocratici oscuri. Contrastare questa visione è difficile in mancanza di una forte visione identitaria. La democrazia, il lavoro e creazione di valore sono temi fondamentali da recuperare, su cui si può scommettere per rilanciare una nuova visione di Europa".

"Il modo in cui noi interiorizziamo un racconto e l'idea che ci facciamo di un'identità – ha aggiunto Alessandra Cosso dell'Osservatorio Storytelling - è quello che determinerà la nostra percezione e influenzerà i nostri comportamenti. Ma la questione è: l'Europa siamo noi o sono gli altri? Occorre immaginare un nuovo racconto europeo che risolva questa tensione in modo costruttivo, partendo da scenari dove questa integrazione sia possibile e dalla conoscenza dell'unicità e della specificità dell'altro".
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