Sabato, 25 Maggio 2024 - 20:46 Comunicato 1366

Next Generation Eu non sarà una parentesi

“C’è ragione per essere ottimisti sul futuro – afferma al Festival dell’Economia di Trento il Commissario europeo per gli affari economici e monetari a proposito del Next Generation Eu, del suo prossimo termine e delle ricadute future. Sarà difficile estenderne la scadenza, fissata a fine 2026 e derivata da un accordo unanime dei Paesi, tuttavia credo che prima di tale data dovremmo cominciare a ragionare sull’ipotesi di fondi comuni per finanziare obiettivi comuni. Non è un’idea mia, se ne è parlato molto: un fondo sovrano europeo comporterebbe il raggiungimento più efficace di alcuni obiettivi, dalle transizioni ambientale e digitale, a questioni sociali e sanitarie”. Un ulteriore passo in avanti necessario poi, per il Commissario europeo sarebbe quello di “un mercato unico dei capitali: è una sfida e al momento ci sono alcuni Paesi riluttanti, che difendono le caratteristiche proprio sistema finanziario e bancario, ma siamo anche in una fase di spinte importanti. Spetterà dunque alla prossima Commissione Europea fare dei passi avanti in questa direzione”.
Next generation Eu: quali prospettive dopo il 2026 Nella foto: palco e pubblico di spalle [ Daniele Paternoster - Archivio Ufficio Stampa PAT]

“Fino a qui la Commissione ha erogato 234 miliardi del totale previsto per Next Generation Eu, pari a 6-700 miliardi – chiarisce più nel dettaglio l'ex premier italiano. Attualmente stiamo valutando alcune richieste, tra cui la quinta da parte dell’Italia, il che ci fa pensare che con la fine del 2024 arriveremo circa a 300 miliardi. La scadenza dunque, al momento, appare più che realistica”. Sul cosa accadrà dopo, molto dipenderà però dalle scelte dei Paesi membri, spiega il Commissario Europeo per l’Economia Commissione Europea: “Possiamo rimandare le decisioni a fine 2026 – o anche, più in là al 2028, data in cui è fissata una revisione ex post del Recovery Found – oppure, come auspico, possiamo lavorare fin da ora per delle direzioni comuni, come un fondo comune per obiettivi comuni. Non necessariamente peraltro – prosegue – un fondo comune significherebbe una redistribuzione dai Paesi ricchi verso i Paesi con meno spazio fiscale (come è Next Generation Eu), bensì possiamo pensare a progetti comuni di interesse per differenti Paesi”.

Concetti sui quali, negli ultimi tempi, spiega, “si sono fatti passi da gigante: qualche anno fa, per esempio, idee di politiche industriali europee avrebbero fatto sorridere molti dei Paesi membri, mentre oggi cominciamo a comprendere che anche l’Europa, al pari di molti altri, ha bisogno di un sostegno pubblico sui grandi obiettivi. Ma questo sostegno pubblico possiamo pensare che venga fatto da ogni Paese con le proprie risorse, ponendo fine ai limiti sugli aiuti di Stato? Il risultato sarebbe uno squilibrio interno nel mercato unico europeo quasi ingestibile. La soluzione, allora, va ricercata altrove”. Un fondo comune e un mercato comune, appunto. “Con la pandemia ci eravamo promessi un’economia migliore – afferma – e non dovremmo dimenticarlo, anche se, nel frattempo, c’è stata qualche frenata di troppo”.

Ma a proposito di Europa e di prospettive future, uno sguardo va necessariamente anche al conflitto russo-ucraino: “Vengo dal G7 di Stresa – conclude – dove l’opinione condivisa ha riguardato l’idea che dobbiamo continuare a sostenere economicamente l’Ucraina, perché questo è l’unico modo per arrivare a un negoziato e a una pace. È stata tuttavia scartata ipotesi di un utilizzo diretto degli asset russi congelati, in favore dell’utilizzo degli extraprofitti di tali asset – che non sono di proprietà russa e che ammontano a una cifra pari a 300 miliardi – per costruirci un prestito. Le caratteristiche di tale prestito non sono ancora chiare, ma per il G7 metà giugno dovremmo aver definito meglio i dettagli”.

(kd)


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